CS AT1 bond, ora tutti vogliono il rimborso. L’avvocato Giovanni Molo: «Perplessità sulla manovra della Finma»

Chiara De Carli

3 Maggio 2023 - 15:08

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Dopo il salvataggio di Credit Suisse, il suo studio è stato inondato di richieste.

CS AT1 bond, ora tutti vogliono il rimborso. L'avvocato Giovanni Molo: «Perplessità sulla manovra della Finma»

Un nuovo gruppo di obbligazionisti è pronto a farsi valere contro la misura messa in campo dalla Finma, che lo scorso 19 marzo ha imposto a Credit Suisse l’azzeramento dei bond AT1 per un valore di 16 miliardi di franchi. 90 investitori istituzionali e 700 investitori retail e family office hanno dunque deciso di procedere legalmente nei suoi confronti. Lo faranno tramite lo studio legale Pallas, riportano i media internazionali.
Complessivamente, avevano investito poco meno di 1,7 miliardi di dollari nelle obbligazioni. Somma che si va ad aggiungere a quella della causa intrapresa dallo studio legale internazionale Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, per un valore di 4,5 miliardi di dollari. I risarcimenti chiesti ammontano in totale a più di 6 miliardi di dollari, ovvero circa un terzo del totale delle obbligazioni azzerata. Secondo Pallas, l’Autorità di vigilanza sui mercati elvetica non avrebbe dovuto cancellare i titoli, dunque l’ordinanza dovrebbe essere annullata e il valore dei bond ripristinato. L’ardua sentenza spetterà al Tribunale amministrativo federale (TAF) di San Gallo.

Come procederà il TAF?

«Innanzitutto, bisogna capire se la decisione di azzeramento sia stata legittima oppure no», spiega l’avvocato Giovanni Molo esperto in contenziosi bancari, attivo a Lugano nello studio legale e notarile COLLEGAL. Oltre a «comprendere perché strumenti di questo tipo si trovano in un certo portafoglio. Possono scaturire differenti responsabilità a seconda delle diverse tipologie di investimenti», aggiunge.

Cosa ci fanno queste obbligazioni nel mio portafoglio?

In questi mesi il suo studio legale è stato inondato di richieste da parte di vittime della decisione della Finma. «Stanno emergendo delle situazioni in cui, queste obbligazioni, in primis, non dovevano essere presenti in determinati portafogli». Riferendosi all’Information memorandum. Giovanni Molo, nella sua analisi, fa più volte riferimento al documento in cui vengono riportate le condizioni necessarie per inserire questi prodotti tra i propri investimenti. Proprio qui, nell’Information memorandum, si evince che le obbligazioni AT1 di Credit Suisse sono strumenti sofisticati, adatti a venditori particolarmente qualificati. Tuttavia, la misura scelta dalla Finma ha mostrato una situazione a volte ben diversa.

Clienti con bassa propensione al rischio

I CS AT1 bond sono stati infatti ritrovati «in portafogli di clienti non particolarmente sofisticati, con una propensione al rischio non molto elevata», situazione che può far scaturire «una responsabilità del Portfolio manager di questo prodotto. Sia esso una banca o un gestore patrimoniale indipendente».
In questo caso potrebbe essere stata la stessa Credit Suisse a consigliare l’acquisto di questi prodotti, dunque «la sua responsabilità potrebbe derivare non tanto dalla sua qualità di banca emittente, ma piuttosto in ragione della sua attività di consulenza. Tanti che hanno comprato questi prodotti, infatti, lo hanno fatto perché sono stati indirizzati a farlo. La stessa banca emittente, dunque Credit Suisse, potrebbe aver indotto i propri clienti ad acquistarli. Ebbene, il piano di responsabilità non scaturisce tanto dall’azzeramento del prodotto, quanto dal fatto che questo strumento già all’inizio non doveva essere inserito nel portafoglio del cliente. Oggi assistiamo a delle situazioni in cui si dimentica questo aspetto. È importante che tutte le persone in possesso di queste notes facciano una riflessione complessiva sulla questione. Non ci si può fermare solamente al giudizio dell’appropriatezza della decisione presa dalla Finma. Occorre innanzitutto chiedersi: perché questo strumento è nel mio portafoglio? Di chi è la responsabilità?».

Investitore sofisticato e consapevole del rischio

Qualor, invece, l’investitore coinvolto è considerato sofisticato e, dunque, perfettamente consapevole delle caratteristiche di questo investimento, inserito con piena cognizione di causa nel suo portafoglio, «bisogna chiedersi se vi sono state le condizioni per ammortizzarlo. Gli eventi di “write off” dello strumento sono previsti nell’Information Memorandum. All’interno sono infatti presenti dei presupposti contrattuali, in presenza dei quali l’azzeramento è legittimo. Uno di questi, denominato “contingency event”, scatta in funzione del tasso di capitalizzazione della banca, ovvero quando scende al di sotto di una determinata soglia». Pressuposto contrattuale non adempiuto senza ombra di dubbio, commenta Molo: «Quando la Finma ha annunciato l’azzeramento, la soglia minima non era toccata».

Annullamento bonds CS AT1: è legittimo?

Ne esiste poi secondo, «chiamato “viability event”, che prevede due sottovarianti. Quella invocata dalla Finma prevede un intervento pubblico straordinario, volto a migliorare il livello di capitalizzazione della banca, senza il quale l’istituto non sarebbe stato in grado di continuare la sua attività e quindi sarebbe stato costretto a dichiarare fallimento.
Non è per nulla scontato che questo presupposto sia effettivamente adempiuto. È vero che sono stati elargiti degli aiuti pubblici straordinari, ma non erano finalizzati a migliorare il livello di capitalizzazione di Credit Suisse, bensì la sua liquidità. Inoltre, l’elargizione di questi aiuti pubblici non ha portato - al contrario di quanto avvenne per Ubs nel 2008 - a un salvataggio di Credit Suisse come banca indipendente, ma piuttosto a un suo assorbimento da parte di Ubs. L’applicazione del presupposto contrattuale secondo lo strumento che consente di azzerare l’investimento, dal mio punto di vista, è quindi quanto meno dubbia».

Comportamento tra azionisti e obbligazionisti non equo

Ma non finisce qui. Come è noto, in fase di contrattazione tra Finma, Bns, Confederazione e Ubs, il titolo azionario di Credit Suisse non è stato azzerato. Gli obbligazionisti si sono dunque sentiti discriminati rispetto agli azionisti, quando solitamente «il capitale azionario ha di principio un rango inferiore rispetto agli strumenti AT1», spiega l’avvocato.
«Se leggiamo l’Information Memorandum, a onor del vero, effettivamente è prevista l’eventualità di ammortamento straordinario con un azzeramento dello strumento, indipendentemente dal fallimento della banca (con conseguente azzeramento del capitale azionario)». Fattori che possono condurre a interpretazioni diverse. «Sulla base di almeno due elementi che ho menzionato, l’azzeramento delle obbligazioni AT1 è dubbio: il primo riguarda il fatto che l’intervento pubblico non è stato un supporto volto a migliorare la capitalizzazione della banca. Il secondo, i rapporti di equità e uguaglianza dei diversi investitori di Credit Suisse in una prospettiva di simmetria dei sacrifici».
Intanto, negli ultimi giorni diversi studi legali hanno raccolto delle procure da parte dei sottoscrittori degli AT1, con lo scopo impugnare la decisione della Finma davanti al Tribunale amministrativo federale. Lo studio Quinn Emanuel, per esempio, sostiene che tale misura «non è stata proporzionata e che sarebbe stata iniqua nei confronti dei detentori di questi bond rispetto ad altri investitori». Il ricorso doveva essere postulato entro 30 giorni dalla decisione della Finma.

Annullamento CS AT1: cosa fare?

Ma come devono comportarsi concretamente gli investitori lesi?
«Occorre fare una premessa - precisa Molo -. La Finma ha pubblicato un comunicato stampa in cui ha reso pubblico l’azzeramento delle obbligazioni AT1, ma non c’è una vera informazione sulle motivazioni. Non è pubblica invece la decisione della Finma indirizzata a Credit Suisse, con la quale ha chiesto alla banca di azzerare questo strumento». Dunque «il provvedimento è stato preso dalla Finma nei confronti di Credit Suisse, non nei confronti dei detentori. Poiché è la banca ad essere soggetta alla vigilanza della Finma. Pertanto gli investitori che non dovessero intraprendere questo passo, possono stare tranquilli. Avranno altre occasioni per far valere i propri diritti».
Perché, spiega, «il rimborso va in primo luogo chiesto alla banca stessa, facendo valere che i presupposti per l’azzeramento dell’investimento non siano stati adempiuti. Qualora la banca dovesse rispondere che è stata obbligata dalla Finma, si potrebbero individuare delle responsabilità sussidiarie su diversi livelli, poiché i detentori delle notes AT1 sono stati di fatto espropriati dall’intervento della Finma».

Di chi è la responsabilità?

«Un primo livello potrebbe riguardare la Confederazione, che risponde dell’operato della Finma, essendo stati gli investitori di fatto espropriati dei loro diritti patrimoniali. Altri possibili livelli di responsabilità riguardano gli organi attuali e passati della banca, in relazione a inadempimenti nella conduzione dell’istituto, aggravando, da un profilo causale, la sua situazione finanziaria».

Credit Suisse avrebbe potuto fare riscorso

Alla luce dei fatti, «la stessa Credit Suisse avrebbe potuto impugnare con un ricorso la decisione della Finma. Gli investitori non hanno mai ricevuto nessuna comunicazione».
Non rimane altro che aspettare la decisione del TAF: le questioni che potrebbero venire sollevate sono diverse. Prima fra tutte il tema della legittimiazione ricorsuale da parte degli investitori. «Non sono loro, infatti, i destinatari della decisione». Il passo del ricorso non è dunque «un requisito essenziale in assenza del quale un investitore si ritrova fuori da qualsiasi possibilità di tutela».

ll ricorso collettivo non è l’unica strada percorribile

Molo consiglia agli investitori di comprendere l’accaduto e di tenersi aggiornatI sull’evolversi della situazione. «Il fatto di non seguire il ricorso collettivo, non implica una perdita. Se il ricorso dovesse essere accolto e annullata la decisione della Finma, tutti i titolari di questo strumento avranno la possibilità di accedere al rimborso».
Infine, nel caso in cui l’obbligazione sia finita in un portafoglio di un investitore poco qualificato poiché convinto dal proprio consulente, «la responsabilità ricade non tanto sulla persona fisica, ma sulla banca o sul gestore che in un rapporto di gestione patrimoniale ha inserito questo strumento nel portafoglio o nei rapporti di advisory».

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