Ubs-Credit Suisse: la fusione costerà fino a 12mila posti di lavoro. SBPV: «Serve una task force»

Chiara De Carli

21 Marzo 2023 - 15:56

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Il cantone più colpito Zurigo. Per le associazioni di categoria i licenziamenti devono rimanere bloccati fino al 2024.

Ubs-Credit Suisse: la fusione costerà fino a 12mila posti di lavoro. SBPV: «Serve una task force»

In Svizzera si contano quasi 40 mila posti di lavoro tra Credit Suisse e Ubs e da domenica sera molti di questi sono a rischio. A puntare i piedi, sul futuro dei dipendenti delle due grandi banche, l’Unione svizzera del personale di banca (SBPV) e la Confederazione svizzera dei sindacati che in conferenza stampa a Berna hanno elencato le richieste da inoltre ai vertici.
Per prima cosa, scrivono le associazioni di categoria, i licenziamenti dovranno essere bloccati fino alla fine del 2023 e se inizieranno nel 2024 dovranno essere ridotti al minimo. Inoltre, per gli over 55 è necessaria una protezione speciale e rafforzata contro il licenziamento.
Intanto, i dipendenti dei due colossi bancari hanno ricevuto istruzioni di non rilasciare dichiarazione ai media, ma sui social o a microfoni spenti, le dichiarazioni sono intrise da un senso di desolazione, incertezza e sconfitta. Essere parte di uno o dell’altro gruppo all’atto pratico non significa niente. Nelle fusioni di due aziende, si sa, qualche testa, da una parte o dall’altra, salta sempre.

Potenziamento dei piani sociali

I piani sociali esistenti sono stati fino ad ora un valido strumento per la ristrutturazione. Ma laddove i tagli di posto di lavoro non possono essere evitati o implementati attraverso il pensionamento anticipato, sono necessari ulteriori sforzi da parte di CS e Ubs. Devono facilitare ai dipendenti la ricerca di un nuovo lavoro e offrire ad esempio una generosa riqualificazione. Nonostante il settore bancario sia alla ricerca di personale qualificato, i tagli di posti di lavoro che la fusione comporta non possono essere facilmente riassorbiti dal settore.

Salvare oltre CS anche i dipendenti

In conferenza, riporta l’agenzia Awp, l’amministratore delegato di SBPV Natalia Ferrara ha chiesto che le garanzie miliardarie della Confederazione siano legate a condizioni favorevoli per i dipendenti. Il governo federale dovrebbe contribuire direttamente ai costi. Un salvataggio bancario deve significare anche un salvataggio del lavoro. «Ora è importante parlare anche dei dipendenti», ha affermato il presidente della SBPV Michael von Felten. «Sono in gioco i mezzi di sussistenza professionali di molte persone. L’incertezza è alta anche in UBS da domenica».

Task force entro fine mese

Due giorni fa, l’associazione e la federazione sindacale avevano già convocato una task force. Ufficialmente dovrebbe iniziare entro la fine del mese e dovrebbe prendervi parte anche Ubs. L’intento è elaborare un “pacchetto di salvataggio per personale”, essendo i piani sociali non più sufficienti.

Da rivedere i bonus aziendali

SGB chiede una analisi dettagliata di quanto accaduto e l’abolizione del sistema salariale premiante, che induce al rischio. Sul fronte opposto, Ferrara si è detta contraria all’eliminazione dei bonus a tutti i dipendenti della banca. Con il capo economista della SGB Daniel Lampart hanno sostenuto che per molti impiegati di banca, i bonus corrispondono ai soli 13 mesi di stipendio. Sottolineando che all’interno dello stesso sistema ci sono molte differenze tra un salario e l’altro.

BAK Economics: licenziamenti non impattano su disoccupazione

Questa mattina l’istituto di ricerca BAK Economics ha diffuso un comunicato in cui ha parlato di un taglio tra i 9’500 e i 12’000 posti di lavoro. Ma nonostante ciò non prevede un forte aumento del tasso di disoccupazione. Senza l’acquisizione, precisa l’istituto, i danni diretti all’intera piazza economica elvetica sarebbero stati maggiori.
L’operazione avrà effetti limitati, essendo che il pil è previsto in rialzo dello 0,7% quest’anno e dell’1,6% nel 2024.
Dalle indagini messe a punto dall’istituto di ricerca, tra i cantoni più colpiti, quello di Zurigo. Qui il potenziale di razionalizzazione raggiungerà i 6’500-8’000 impieghi, ovvero lo 0,9% di tutti i posti di lavoro del cantone. Nonostante la massiccia revisione, non è previsto un aumento significativo del tasso di disoccupazione, né a livello nazionale né cantonale. Il processo richiederà comunque diversi anni.

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