Prezzo del grano alle stelle. Qual è la situazione in Ticino? La nostra inchiesta

Chiara De Carli

15/03/2022

15/03/2022 - 16:13

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In Italia, la Borsa di Bologna ha visto aumentare i prezzi del grano tenero da una media di 230 euro a tonnellata a oltre 400 euro. La guerra influenza i Paesi oltre confine, ma la Svizzera, invece, ne risente?

Prezzo del grano alle stelle. Qual è la situazione in Ticino? La nostra inchiesta

I prezzi della borsa parlano chiaro. Negli ultimi giorni i costi delle materie prime sono schizzati alle stelle complice la guerra. Da Russia e Ucraina vengono distribuiti, in diverse parti del mondo, metalli, grano, frumento e mais. Con l’interruzione dei trasporti commerciali del Mar Nero, le pesanti sanzioni economiche e la paura di una paralisi generalizzata dei mercati, è scattata la corsa ai rialzi.

Rincaro dei beni primari

La corsa dei rincari sembra inarrestabile e a destare grande preoccupazione sono soprattutto le commodities più importanti per la vita quotidiana. Come ad esempio il grano. È così che l’aumento del costo del cereale si riflette su un’intera filiera: importatori, mulini, panettieri e supermercati. E sì, perché quando aumenta il suo prezzo, significa che costa di più anche produrre farina e pane. Una situazione allarmante già denunciata dai Paesi confinanti. Ma per quanto riguarda la Svizzera?

Massimo Turuani

«Quello che avviene in Ucraina non tocca minimamente il nostro Paese». Esordisce così Massimo Turuani, presidente della Società mastri panettieri-pasticceri-confettieri del Canton Ticino da ormai 22 anni. «La Svizzera si autosostiene, importa solo una piccola percentuale di cereali ma da altri stati: Austria, Germania e Canada. Per questo, il rincaro di circa il 10% sul prezzo del pane verificatosi all’inizio dell’anno non ha nulla a che fare con la guerra in corso, quanto piuttosto ad un raccolto infelice nei campi svizzeri, all’aumento generalizzato dei prezzi delle materie prime, di corrente elettrica e carburante per le consegne». Per Turuani lo scenario che si prospetta è un punto interrogativo, ancora da decifrare: «Quando avrò in mano comunicazioni ufficiali allora potrò dire qualcosa in più, al momento non sappiamo dire come il nostro settore verrà fuori da questa guerra».

Alessandro Fontana. Dobbiamo fare scorte di farina?

«In questo momento sto proprio scrivendo una lettera ai miei clienti per rassicurarli», ammette Alessandro Fontana direttore del Mulino Maroggia. Sono preoccupati? «Più che altro mi chiedono se è il caso di fare delle scorte. La paura è di ritrovarsi tra un mese con i prezzi alle stelle. Ma per ora i timori sono infondati. Bisognerà stare all’erta da giugno in poi, quando si inizieranno a tirare le somme sul raccolto annuale». La politica agricola svizzera si basa sull’autosufficienza. L’80% del fabbisogno di grano tenero viene coltivato entro i confini, lasciando solo una piccola parte all’importazione. «La situazione per la Svizzera è particolare. Non siamo mai stati influenzati in modo importante dagli andamenti della borsa internazionale. E ora come sempre, molini svizzeri, centri di raccolta e importatori sono sicuri, perché generalmente gli acquisti del grano tenero vengono fatti tra agosto e ottobre, così da garantire le richieste dei 12 mesi successivi. Normalmente chi vende, grossisti e importatori, usa merce già importata sul territorio nei centri dei porti franchi: Basilea, Reno e Ginevra». La Svizzera ha da molti anni studiato un sistema di gestione centralizzata delle scorte (Réserve Suisse) destinate a compensare momenti di carestia. Tra questi prodotti: zucchero, riso, caffè, grassi e naturalmente grano duro e grano tenero. Per il quale la Svizzera ha messo da parte 160’000 tonnellate, ossia un consumo nazionale medio pari a quattro mesi circa.

Nuovo raccolto

Se l’effetto domino degli eventi per ora sembra non toccare la Svizzera, la questione è ben diversa per i mercati esteri: «Per fare un esempio - spiega Fontana - i miei colleghi italiani comprano grano tenero al prezzo del giorno, oggi per domani. Hanno visto lievitare i prezzi da una media di 220-250 euro a tonnellata a oltre 400 euro la tonnellata». Quali saranno dunque le previsioni per il nostro Paese? «In Svizzera capiremo meglio cosa accadrà al momento del raccolto. L’anno scorso è stato pessimo, a causa del maltempo. E siamo stati costretti a importare in parte merce da altri Paesi, soprattutto per quanto riguarda i grani di qualità. Se quest’anno dovesse andare bene, per qualità e quantità, il 2023 sarà un anno stabile. Se invece il raccolto dovesse essere ancora disastroso, a quel punto cambierebbe tutto: avremo un problema per tutti i prodotti a marchio label svizzero e un rincaro generalizzato. In questo scenario, non potremo nemmeno far conto sulla disponibilità di scorte che avevamo quest’anno e la nostra dipendenza dall’estero diventerebbe più importante».

Giuseppe Piffaretti. Le difficoltà dei panettieri

Per l’andamento del nuovo raccolto si dice preoccupato anche Giuseppe Piffaretti, in arte Mastropiff da 40 anni alla gestione del suo forno a Mendrisio. «L’assenza di precipitazioni può causare problemi nella raccolta del grano tenero - spiega - e allora i prezzi delle farine potrebbero aumentare, perché saremmo costretti ad aumentarne l’importazione». E il prezzo del pane? «Per ora ho adeguato l’aumento al costo delle farine del 2021. Tuttavia sono rincarati anche altri prodotti: burro, uova, stampi. Adesso dobbiamo aspettare per capire come si muoveranno i nostri fornitori per via della guerra».

Rincaro materie prime: i conti sono salati

Le difficoltà per il mondo della panetteria oggigiorno sono tante. Il caro bollette e il difficile reperimento di materiali essenziali complica la situazione. «I maggiori aumenti li abbiamo sulla carta. Sacchetti per il pane, ma anche stampi e scatole per il confezionamento di dolci, come ad esempio le colombe. La situazione era precaria già durante la pandemia. Ora succede che spesso, nonostante l’ordine, il prodotto non arrivi. Ne consegue che per quest’anno alcune colombe non saranno vendute con la scatola, ma nel sacchetto».

I fornitori parlano già di ritocchi ai listini?

«Gli ultimi aumenti risalgono a settembre-ottobre del 2021. Quello che preoccupa di più però è il costo dell’energia. I forni sono alimentati a gas, olio combustibile ed energia elettrica. In Europa si sta già assistendo a un rincaro tra il 25-30%, in Svizzera ancora non lo sappiamo. Diversi imprenditori hanno firmato contratti con il prezzo bloccato per due anni quindi la situazione è ancora gestibile. Staremo a vedere cosa accadrà».

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