INTERVISTA Differenze tra un benzinaio e l’altro. Carlo Rampinini, Piccadilly: «Il prezzo è in mano ai brand petroliferi»

Chiara De Carli

26/01/2023

27/01/2023 - 16:00

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E sulla diversa tariffa sul cambio in euro applicata nei mesi scorsi nelle stazioni di servizio di frontiera, spiega: «Non volevamo perdere la nostra clientela».

INTERVISTA Differenze tra un benzinaio e l'altro. Carlo Rampinini, Piccadilly: «Il prezzo è in mano ai brand petroliferi»

Confessa che i prezzi esposti sui monitor delle stazioni di benzina non dipendono completamente da loro. Perché sottolinea, «noi rivenditori siamo l’ultimo anello della catena». Esordisce così Carlo Rampinini, direttore della storica azienda di rifornimento ticinese Piccadilly, che nel cantone conta una quarantina di stazioni di servizio e 260 dipendenti, oltre a vantare 65 anni di attività.
Ripercorrendo i mesi scorsi, tra prezzi alle stelle e taglio delle accise sui carburanti da parte del governo italiano, rivive quei momenti in cui «la Svizzera è stata l’unica - a livello geografico europeo - a non mettere in campo nulla per ridurre i prezzi». Germania, Francia, Austria e soprattutto Italia si erano mossi a favore della popolazione. «Da noi, invece, non c’è stato nulla da fare».
Lo racconta con toni delusi e amareggiati nei confronti dell’assetto politico federale. «Come associazione di categoria sia cantonale che federale avevamo chiesto un intervento governativo». La risposta non è tardata ad arrivare e non senza polemiche. L’ex ministro dell’economia Ueli Maurer, alla richiesta di aiuto, replicò infatti dicendo che «la Svizzera era sufficientemente ricca per riuscire a cavarsela con le proprie gambe». Insomma, a benzinai, lavoratori e imprenditori veniva detto di cavarsela da soli.
Sul confine per i benzinai ticinesi non si metteva per niente bene: la concorrenza “sleale” messa in atto dalla vicina Italia, dava proprio del filo da torcere. «Sul confine - racconta Rampinini - siamo arrivati ad avere perdite di oltre il 90% in termine di volumi. Nel resto del cantone, attorno al 30%. I prezzi italiani erano diventati più economici e questo ha portato non solo a una perdita della clientela di oltre frontiera, ma anche di quella indigena».

Il governo Meloni ha poi deciso di non prorogare lo sconto sulle accise, perché costava troppo alle casse dello Stato.
«Sfido chiunque a far quadrare i conti. A bilancio, al governo italiano costava un miliardo al mese, per questo il governo Meloni ha cancellato il decreto Accise una volta arrivato a scadenza. Se così non fosse stato, se fosse continuato lo stesso andamento dell’anno scorso - parlo per Piccadilly - un terzo abbondante delle nostre stazioni non avrebbe avuto i presupposti economici per poter sopravvivere. Ci saremmo trovati nella situazione di prendere decisioni che avrebbero avuto ripercussioni sull’occupazione, sull’indotto economico e fiscale, cantonale e federale».

Il governo federale ha invece preso le distanze dalla situazione.
«Non dobbiamo dimenticare che la nostra attività, oltre a essere imprescindibile per mobilità, logistica e approvvigionamento economico dell’intero Paese, ha sempre generato importantissime ricadute economiche e fiscali positive. Un tema riconosciuto dalla maggior parte dei governi delle nazioni che ci circondano, mentre in Svizzera sembra rimanere un tema negletto. Nello scorso autunno, abbiamo tentato di mettere un freno al caro prezzi con l’aiuto di un politico che ha sottoposto un’interrogazione al Consiglio federale. Istanza che è stata snobbata, benché fosse una soluzione ottimale al problema. Si chiedeva al governo di applicare il criterio delle accise mobili. Sostanzialmente, si stava anticipando la stessa misura inserita successivamente dal governo Meloni nel decreto Carburanti (misura non nuova all’Italia, dato che è stata recuperata da una norma introdotta con la Legge di bilancio del 2008, ndr). Tale norma consente al governo italiano di avere ancora spazio di manovra sulle accise, a seconda dell’evoluzione del prezzo del carburante, finanziandole con il surplus di Iva. Al governo Meloni è stata suggerita dagli stessi benzinai, a noi hanno risposto che non avrebbero modificato l’architettura strutturale del prelievo».

In questi mesi ci sono stati licenziamenti da parte di Piccadilly?
«No. Piccadilly crede nella forza dei suoi collaboratori. Avere un dipendente formato è un’opportunità. Lasciarli a casa per poi intraprendere un nuovo processo di selezione e formazione, qualora la situazione fosse cambiata, avrebbe comportato ulteriori costi. Avevamo chiesto di poter usufruire dell’indennità di lavoro ridotto, concessaci fino ad agosto, e poi successivamente negata. Ci è stato risposto che la misura italiana per la giurisprudenza ricadeva nel contesto del rischio d’impresa, essendo divenuta, a loro dire, strutturale. In sostanza ci dicevano di arrangiarci. Contro questa decisione, abbiamo fatto ricorso al Tribunale delle assicurazioni perché abbiamo sempre sostenuto fosse una misura temporanea. A riprova dei fatti, il 31 dicembre non è stata prorogata.
Licenziare rappresenta per noi l’ultima ratio. Piccadilly è presente da 65 anni sul mercato, possiamo resistere, ma fino a un certo punto. La situazione che abbiamo vissuto nel 2022 non può perdurare anche quest’anno».

Rampinini, quando si potrà capire se la clientela è stata riacquisita?
«Dobbiamo dare all’utenza il tempo di riabituarsi a questa nuova situazione. Dovremo aspettare tutto il mese di gennaio per capire se stiamo andando nella giusta direzione. Come direttore di Piccadilly rimango e voglio rimanere ottimista, però lo scenario che si paventa oltre confine non mi lascia tranquillo. Se dovessero applicare lo strumento dell’accisa mobile, in base all’andamento dei prezzi (nel decreto Carburanti non è specificata la soglia, ndr), per noi sarebbe un disastro. Mi auguro che entro fine gennaio si possa iniziare a tracciare la linea per questo 2023: mi aspetto di vedere delle cifre nere nel conto economico, soprattutto per quanto riguarda alcune stazioni di frontiera, in sofferenza da tre anni».

Mentre oltre confine il prezzo sale, qui scende. Quali sono le previsioni per i prossimi mesi?
«Il costo del petrolio sale e scende per tutti. Già dall’inizio di gennaio, il Brent è aumentato dell’1,44% e il Wti dell’1,85%. Chi fa parte del settore non si azzarda mai a fare delle previsioni sull’andamento dei prezzi. Vi sono dei fattori esterni che determinano il prezzo e che non sono legati a noi direttamente. Dietro ci sono strategie commerciali e politiche dei Paesi produttori. De facto facciamo riferimento a un prezzo stabilito a monte».

Da cosa viene determinato il prezzo del carburante?
«Il prezzo al litro è composto da diversi fattori. Per una buona metà sono tasse e dazi che vanno alla Confederazione, poi ci sono le spese di lavorazione, trasporto, ecc.. Per esempio, quando il Reno è in secca, aumentano i costi della logistica poiché i prodotti vanno recuperati da altre parti. Il 30-35% del prezzo è legato a questi fattori di logistica, trasporto e stoccaggio. Poi c’è una parte che riguarda i rivenditori, un elemento importante che permette di far quadrare il bilancio aziendale. È da qui che il dettagliante gestisce il proprio margine per non perderci, per coprire tutti i costi aziendali e guadagnare qualcosa. Tra i costi da sostenere ci sono pigioni, stipendi, elettricità, brand, imposte».

Cosa cambia tra le diverse stazioni Piccadilly?
«Innanzitutto Piccadilly è una realtà cantonale. Ogni stazione di servizio è a sé. Gli aspetti che portano il management di un’azienda a decidere la politica dei prezzi di vendita sono diversi: per esempio la distanza dal confine, dai concorrenti o, ancora, la politica sulla gestione valutaria del cambio franco/euro. Sicuramente quella di Piccadilly non è uguale a quella di altri concorrenti».

Cioè?
«Per esempio le società cooperative hanno delle politiche aziendali che molto probabilmente si basano solo sull’ottenimento dei volumi e prestano meno attenzione su quanto ottengono in termini di cifra d’affari. Oppure piccole realtà familiari che hanno uno o due distributori, in cui sono impiegati solo membri della famiglia, senza l’obbligo di adottare salari legati a contratti collettivi. In certi casi, si trattano delle cosiddette pompe bianche: non avendo marchio i costi di royalties vengono meno. Ci sarebbe anche da fare un discorso nel contesto della sicurezza e della corretta gestione e messa a norma degli impianti petroliferi secondo i crismi di legge, cosa che noi seguiamo alla lettera - e forse anche oltre - ma che genera costi elevati, che devono essere tenuti in considerazione. Chi gioca al ribasso è il vero responsabile di questo gioco al massacro. Se Piccadilly vendesse con un margine di 5 centesimi al litro, probabilmente non riuscirebbe nemmeno a coprire una minima parte dei costi di un punto vendita segnatamente alla sua ubicazione, la tipologia di immobile se di proprietà o in affitto, ecc».

A proposito della politica sulla gestione valutazione del cambio franco/euro. Negli scorsi mesi, in alcune stazioni di servizio della zona di frontiera era più conveniente pagare in euro, come mai?
«Vi è da premettere che a livello di legge non c’è nessun divieto ad applicare un cambio inferiore, rispetto a un cambio riconosciuto o ufficiale. Con un cambio che non è quello corrente, per ogni litro che vendo, ci sono delle perdite. Dunque va considerato fino a che punto è conveniente farlo. Nelle stazioni di frontiera, la differenza tra prezzi in franco e in euro era dettata dal mercato estero, si sperava di non perdere almeno i frontalieri o almeno qualche cliente storico».

Non era meglio, allora, abbassare anche il prezzo in franchi per mantenere la clientela svizzera?
«In una stazione di frontiera che lavora prevalentemente con italiani, è più conveniente giocare sul il prezzo in euro. Certo, perdo sull’euro, ma lo recupero sui volumi che mi aspetto di fare. Senza ledere al consumatore locale, anche perché nessuno vietava allo svizzero di pagare con la moneta unica. Abbiamo cercato di mettere a vantaggio dell’azienda la politica dei prezzi, in base all’ubicazione del punto vendita. Le nostre stazioni di servizio in alcuni casi espongono prezzi più elevati rispetto alla concorrenza ma, per quanto spiegato - e a seguito di tre anni difficili - non sempre possiamo seguire i prezzi applicati dagli altri. Questa tuttavia è l’ulteriore dimostrazione che nel settore la concorrenza funziona e aiuta il cliente».

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