Bitcoin: stop alle attività di mining anche dall’Iran a causa dei blackout

Claudia Mustillo

27 Maggio 2021 - 17:34

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Il presidente Hassan Rouhani accusa le mining farm di uso intensivo dell’energia. Dopo un sequestro di 50 mila mining rig arriva lo stop all’attività di mining nel paese.

Ancora una volta una spallata alla moneta digitale, in particolare al Bitcoin per l’accusa di un eccessivo consumo energetico. Un altro stop per Bitcoin, che scivola ancora una volta sotto la soglia psicologica dei 40.000 dollari.

Dopo il blocco della Cina, il dietrofront di Tesla e lo stop ai pagamenti delle donazioni in BTC anche da parte di Greenpeace USA, lo stop arriva dall’Iran che mette in pausa la moneta digitale fino al 22 settembre. L’estrazione delle criptovalute non sarà più possibile da ora.

Il presidente iraniano Hassan Rouhani accusa le mining farm di uso intensivo dell’energia. Secondo il presidente, infatti, proprio queste società sarebbero la causa dei diversi blackout avvenuti recentemente nel paese da Tehran a Shiraz.

Bitcoin: stop al mining dall’Iran

Se Pechino, dopo che i vertici della Banca popolare cinese (Pboc) hanno imposto agli istituti finanziari e alle società di pagamenti di fermare qualsiasi servizio relativo alle criptovalute, mettendo in guardia gli investitori, il prossimo passo potrebbe essere il ban all’intero sistema delle criptovalute.

In Iran l’interesse strategico per le monete digitali non è sul piatto della discussione, dal momento che i token minati nel paese sono utilizzati per acquisti importanti.

In particolare questo è un modo per aggirare le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, nello specifico dall’amministrazione Trump, infatti per questo negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom delle mining farm.

L’Iran al momento è nella top-10 con il 4,5% delle estrazioni globali, stando ai dati tra gennaio e aprile. Anche se comunque l’Iran vieta il trading sulle criptovalute minate all’estero.

Dopo il sequestro di 50 mila mining rig arriva lo stop

Il ban del Presidente Rouhani arriva dopo il sequestro di 50 mila mining rig - i potenti pc per il mining delle criptovalute e del Bitcoin - dello scorso gennaio, a causa dell’uso illegale di energia fino a 95 megawattora. Infatti secondo quanto dichiarato, da fonti governative, la maggior parte delle mining farm opera senza il consenso delle autorità.

Le società con licenza regolare sono invece circa 50 e hanno un consumo di energia complessivo pari a 209 megawattora. Il consumo totale, quindi sia delle società con licenza che di quelle illegali, è chiaramente troppo visto che vi sono continue interruzioni e sbalzi di corrente che hanno interessato negli ultimi mesi gran parte del paese.

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