Pmi, la speranza è sempre più un ricordo: solo una su due ormai crede nel futuro

Sara Bracchetti

13 Settembre 2023 - 17:17

condividi
Facebook
twitter whatsapp

In netto ribasso l’umore generale: secondo lo studio di Kearney con Raiffeisen, Swiss export e Angst+Pfister, le imprese elvetiche sono molto preoccupate dalle sfide geopolitiche e le loro conseguenze economiche.

Pmi, la speranza è sempre più un ricordo: solo una su due ormai crede nel futuro

Se mai l’ottimismo non sia stata addirittura una bugia a fin di bene, detta a se stessi per tirare avanti, ecco che però le cose ormai sono cambiate. La notizia, oggi, è di quelle cattive. Il barlume di speranza con cui le piccole e medie imprese hanno affrontato la realtà, nel passato recente, è scomparso. Prevale la delusione, come di chi ha atteso troppo e invano che qualcosa mutasse e adesso non ci crede più.

Più sfide che opportunità, specie per i piccoli

A metterlo nero su bianco è la sesta ricerca pubblicata da Kearney insieme a Raiffeisen, Swiss export e Angst+Pfister AG, finalizzata a fotografare ogni volta l’attualità con il suo carico di opportunità e di sfide non trascurabili, specie per chi è piccolo. Quest’anno, ne emerge un umore generale in ribasso, dinnanzi alle problematicità geopolitiche e macroeconomiche.

Prezzi alti e personale che manca

Il sondaggio, somministrato tra fine maggio e inizio luglio a 382 rappresentanti di pmi elvetiche, si è concentrato sulla resilienza delle aziende, che non hanno nascosto le loro preoccupazioni, legate in particolare all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, alla carenza sul fronte dell’offerta e alla mancanza di personale qualificato. Se lo scorso anno la risposta era stata abbastanza positiva, adesso si mostra con una certa evidenza il cambio in peggio del sentimento generale. C’è chi ancora ha fiducia: ma dal 76% del 2021 si è oggi ad appena il 62%, vale a dire 14 punti percentuali persi in due anni appena.

Aspettative in ribasso

Lo scetticismo si evidenzia, tra l’altro, nelle aspettative finanziarie. Solo la metà delle aziende intervistate prevede infatti un aumento dei fatturati per quest’anno, a fronte del 63% nel 2022 e del 69% nel 2021. «Il boom della domanda di beni dovuto alla pandemia si è appiattito - interpreta i dati Roger Reist, responsabile clientela aziendale, treasury & markets e membro della direzione di Raiffeisen Svizzera - I consumatori sono tornati a spendere di più per i servizi. Allo stesso tempo, sulla domanda dell’industria pesano un’inflazione ostinatamente elevata, soprattutto all’estero, e l’aumento dei tassi».

Aziende solide, ma piene di paure

Vista da fuori, la situazione non è così drammatica. «La ricerca conferma che la maggior parte delle pmi svizzere appare robusta», continua Reist. Da dentro, fra chi si mette quotidianamente in gioco, però c’è paura. E, guardando soprattutto al futuro, le imprese svizzere non si attendono nulla di buono. Anzi, prevedono difficoltà, in particolare per quanto riguarda l’accesso alla forza lavoro qualificata: solo il 19% si ritiene pronto a far fronte alla carenza di personale specializzato.

Contro la crisi, investimenti e innovazione

Secondo la ricerca, le pmi hanno provato ad adottare numerose misure di contrasto alla crisi: aggiornamento dei processi e digitalizzazione sono pensiero e azione, fra chi fa impresa. Anche gli investimenti nell’innovazione e l’adeguamento delle strategie relative a clientela e prezzi sono qualcosa intorno cui hanno speso risorse ed energie. Dice Claudia Moerker, direttrice di Swiss export, che, per tagliare i costi, molte aziende hanno ottimizzato le proprie catene di fornitura mantenendo uno stock di magazzino più basso possibile. Conseguenza? «Questa strategia ha reso le imprese vulnerabili. Per alleggerire i sistemi, le aziende dovrebbero focalizzarsi su misure a lungo termine. La regionalizzazione della base di fornitura e l’impiego di tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale sono fattori chiave per aumentare la resistenza alle crisi e diventare più sostenibili».

I rapporti con l’Unione europea

Fra i temi su cui riflettere, anche la scarsa chiarezza delle relazioni bilaterali tra Svizzera e Ue. Dopo il fallimento dell’accordo quadro con l’Unione, i rapporti fra le due autorità paiono essersi raffreddati o, comunque, non aver generato alcun progresso. Motivo sufficiente affinché circa la metà delle aziende si aspetti una ripresa del dialogo e la risoluzione delle questioni in sospeso. Un’ansia e un’aspirazione che crescono al pari delle dimensioni dell’impresa.

Iscriviti alla newsletter