Se la ratifica dell’accordo andrà in porto, i nuovi frontalieri dovranno confrontarsi con il regime di tassazione concorrente. Lavorare in Svizzera continuerà a essere conveniente?
La visita odierna a Berna del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, riaccenderà i riflettori sul tanto discusso nuovo accordo fiscale sui frontalieri tra Italia e Svizzera.
Giovedì, il Consiglio dei ministri italiano, su proposta del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha approvato una bozza di disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare la doppia imposizione sui salari dei lavoratori frontalieri.
Venerdì sera a Varese, Ueli Maurer ha incontrato il suo omologo italiano, ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, per discutere nel corso di una cena di lavoro nella caserma della Guardia di finanza, l’accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri e la black list sulle persone fisiche che definisce ancora una volta la Svizzera come uno tra le mete predilette dagli evasori fiscali.
“Su entrambi i dossier, delicati e complessi, sono stati espressi volontà e impegno per una graduale soluzione – si legge in una nota diffusa a margine dell’incontro – Giorgetti ha anche ricordato la recente approvazione della bozza di disegno di legge di ratifica dell’accordo nel Consiglio dei ministri di giovedì scorso che chiarisce, tra l’altro, che gli attuali lavoratori frontalieri restano tassabili soltanto in Svizzera, fino al termine della carriera lavorativa”.
Accordo, manca davvero poco
L’accordo, a questo giro, sembra dunque essere vicino. L’ultima volta che l’intesa sembrava essere raggiunta era stato a giugno 2020 quando l’ex premier Mario Draghi, aveva mandato l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio in canton Ticino, a cui fece seguito la firma da parte di entrambi gli Esecutivi del 23 dicembre. Poi il Governo italiano è caduto, lasciando tutto in sospeso.
Ora Italia e Svizzera sembrano essere a un passo dalla firma del nuovo accordo fiscale dei lavoratori frontalieri. a distanza di quasi cinquanta anni dall’ultima intesa, quella del 1974. A cambiare sarà la tassazione per i lavoratori che ogni giorno si recano a lavorare nei Grigioni, in Ticino e in Vallese dalle fasce di confine italiane. Attualmente per i frontalieri è prevista una tassazione esclusiva in Svizzera con un ristorno al 40% dei gettiti ai Comuni della zona di confine. Raggiunta l’intesa, i nuovi frontalieri saranno tenuti a versare un’imposta alla fonte pari al 70% di quello che pagano ora. Il resto dovranno dichiararlo in Italia, sotto forma di Irpef e tenuto conto delle imposte già prelevate oltre confine, evitando così la doppia imposizione.
Clausola di garanzia per i vecchi frontalieri
La nuova tassazione sarà applicata ai nuovi lavoratori frontalieri. Chi ha lavorato in Svizzera tra il 31 dicembre 2018 e l’entrata in vigore del nuovo accordo sarà considerato “vecchio frontaliere”, per cui esiste una clausola di salvaguardia. Dunque non vi sarà nessuna modifica della situazione fiscale attuale e continueranno a pagare unicamente l’imposta alla fonte in Svizzera, fino al pensionamento e anche in caso di cambiamento di posto di lavoro o eventuale periodo di disoccupazione. La clausola è intesa per tutti i lavoratori residenti nella fascia di confine che inizieranno a lavorare in Svizzera prima dell’entrata in vigore definitiva dell’accordo.
Cosa cambia per i nuovi frontalieri
Coloro invece che inizieranno a lavorare in Svizzera successivamente all’entrata in vigore definitiva dell’accordo saranno considerati “nuovi frontalieri” e dovranno considerare il regime di tassazione concorrente, ovvero quanto applicato fino ad ora ai frontalieri “fuori fascia”. Saranno dunque assoggetti al pagamento dell’imposta alla fonte in Svizzera e poi imposta italiana, tenuto conto di quanto pagato in Svizzera, oneri sociali e franchigia. La franchigia sarà innalzata a 10 mila euro, da 7’500. Garantiti poi la non imponibilità degli assegni famigliari ricevuti in Svizzera, la deducibilità dei contributi obbligatori per i prepensionamenti di categoria e l’innalzamento dell’importo mensile Naspi, affinché si tenga conto della retribuzione effettivamente percepita in Svizzera per i primi 3-5 mesi, a seconda dell’anzianità contributiva.
Tra gli effetti secondari l’eliminazione delle compensazioni finanziarie tra i due Stati: i ristorni ai Comuni frontalieri italiani saranno versati da Roma e non più da Berna, tenuto conto del gettito prodotto dai residenti che lavorano oltre confine.
Rendere meno attrattivo il Ticino
Il direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) Christian Vitta ai microfoni della Rsi giovedì ha riconosciuto che uno degli obiettivi del nuovo accordo risiedeva proprio nel rendere «un po’ meno attrattivo il mercato del lavoro ticinese in termini di pressione sui salari», rilevando che «se il frontaliere deve pagare le stesse imposte che paga il lavoratore italiano in Italia», ecco che evidentemente per lui il carico fiscale aumenta.
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