Piccolo è bello: Svizzera al top fra gli Stati "minori" grazie alla sua apertura economica

Sara Bracchetti

24/05/2023

24/05/2023 - 15:22

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Nello studio di Credit Suisse è il Paese con il migliore indice di resilienza, che si associa però a un alto grado di vulnerabilità a causa della dipendenza da forza lavoro estera e dell’import di energia

Piccolo è bello: Svizzera al top fra gli Stati "minori" grazie alla sua apertura economica

Piccolo è bello, si diceva una volta. Slogan così popolare da diventare anche il titolo di un saggio celebre, nel 1973, quando Ernst Schumacher, statista ed economista di origine tedesca poi trasferitorìsi in Svizzera, Canton Friburgo, ne fece una teoria per spiegare, precorrendo i tempi, come le tematiche ambientali, sanitarie e in generale il collasso del sistema capitalistico avrebbe favorito una nuova organizzazione economica, fatta di sostenibilità, rispetto dei diritti umani e un mondo più a misura d’uomo. Ci siamo, se è vero che gli stati piccoli cominciano a fare sfoggio di forza sempre maggiore, al cospetto con i grandi. Svizzera in primis, che, nello studio pubblicato da Credit Suisse e dedicato al «successo dei Paesi di piccole dimensioni», risalta per una capacità di resilienza senza rivali.

Franco forte, pronta risposta alle emergenze

Merito della sua apertura economica, in grado di compensare eventuali svantaggi legati alla superficie territoriale, al netto di rischi cui risulta inevitabilmente esposta e contro i quali si trova a elaborare opportune strategie. La riprova, indica il rapporto, è nella forza attuale del franco, nella resistenza dimostrata durante emergenze come quella del Coronavirus, nella capacità di reagire al meglio alle tensioni geopolitiche: frutto della bontà della governance elvetica, così come dell’attitudine dinamica della realtà imprenditoriale e alla loro capacità innovativa. Fra gli 86 piccoli Paesi a livello globale inclusi nella lista, la Svizzera risulta prima per quel che riguarda l’indice di resilienza economica (Eri), mostrandosi robusta al punto da poter resistere con coraggio agli shock cui è inevitabilmente esposta, secondo quanto conferma l’indicatore di vulnerabilità economica.

L’ascesa dei Paesi di piccole dimensioni

Si può parlare, dunque, di «ascesa degli Stati minori», come fenomeno lento ma costante che perdura dal dopoguerra. Afferma Sara Carnazzi Weber, responsabile di Swiss Economics presso Credit Suisse, che «dal 1945 è aumentato in misura significativa il numero di Paesi e di conseguenza si sono ridotte le dimensioni medie dei territori nazionali. Ciò evidenzia un’importante tendenza di fondo: l’ascesa degli Stati minori. I Paesi piccoli sono riusciti a compensare gli svantaggi dovuti alle loro dimensioni con l’apertura economica».

Carnazzi Weber: «Un successo non scontato»

Non senza potenziali svantaggi: «Questa apertura impone anche una particolare vigilanza sui possibili shock che potrebbero minacciare il benessere di tali Paesi». Che, però, la Confederazione elvetica si mostra preparata ad affrontare. «La Svizzera è un ottimo esempio di come un Paese piccolo riesca a gestire tali sfide». Anche se non è così ovvio che tutto, poi, vada per il meglio, date alcune debolezze intrinseche come la dipendenza importante da una forza lavoro esterna. Gli strumenti, cioè, ci sono, «tuttavia, il suo successo non deve essere dato per scontato. Gli stretti legami con altri Paesi rendono la Svizzera vulnerabile alle fluttuazioni del commercio globale e, con una percentuale relativamente elevata di forza lavoro dall’estero, molti settori, come la tecnologia, l’edilizia e la sanità, dipendono fortemente dai lavoratori stranieri, provenienti principalmente dall’Ue. Eventuali interruzioni in questo sistema avrebbero gravi conseguenze per l’economia».

Le debolezze: import di forza lavoro ed energia

Fra gli altri motivi di fragilità, il peso notevole del commercio internazionale nell’economia elvetica, nonché la forte dipendenza dalle importazioni di energia. In un campione di 32 Paesi molto sviluppati, la Svizzera ha così, assieme all’Irlanda, il punteggio di vulnerabilità più elevato. Integrandosi però nell’economia globale, può mitigare la situazione e fornire presupposti alla prosperità.

Le due facce della stessa medaglia

Due facce della stessa medaglia, pro e contro che vanno di pari passo: riflette Nannette Hechler-Fayd’herbe, Chief Investment Officer per la regione Emea e Global Head Economics & Research, che «l’economia politica globale favorisce e al tempo stesso ostacola i Paesi piccoli. Le attuali tensioni geopolitiche hanno evidenziato come il multilateralismo e la fiducia reciproca tra Paesi e governi, da cui dipendono soprattutto i Paesi piccoli, non possano essere dati per scontati. La guerra tra Russia e Ucraina, le tensioni sino-americane e l’emergere di un blocco non allineato di Paesi emergenti stanno trasformando il mondo in un sistema multipolare in cui le dimensioni sono di nuovo un vantaggio comparativo. Nuovi tipi di sfide, come quelle incontrate durante la pandemia di Covid e quelle legate al cambiamento climatico in atto, generano ulteriori vulnerabilità che i Paesi piccoli e i Paesi grandi affrontano e superano con abilità differenti. Operare in un contesto in così rapida evoluzione richiede notevoli sforzi, soprattutto per i Paesi piccoli. Nonostante le dimensioni limitate, molti Paesi minori hanno tuttavia dimostrato di poter raggiungere la prosperità e una performance economica superiore alla media».

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