Quali animali possono trasmettere il vaiolo delle scimmie? Provenienza e contagiosità del virus

Matteo Casari

22/08/2022

23/08/2022 - 11:09

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Il vaiolo delle scimmie è una malattia su cui si discute molto a causa della recente epidemia che sta allarmando le autorità sanitarie. Questo virus può essere pericoloso a causa della sua contagiosità, ma da quali animali si trasmette? Troverai la risposta continuando a leggere l’articolo.

Quali animali possono trasmettere il vaiolo delle scimmie? Provenienza e contagiosità del virus

Il vaiolo delle scimmie, chiamato anche come monkeypox virus in inglese, è una malattia infettiva virale, proveniente da alcune località tropicali remote di Africa centrale e occidentale. Ultimamente la malattia è salita alla ribalta data la rapida diffusione che sta avendo nei paesi occidentali, aspetto che ha portato l’OMS a considerarla un’emergenza sanitaria globale. Da quali animali proviene il virus? Come si trasmette?

L’epidemia di vaiolo delle scimmie

Il monkeypox è un virus della famiglia Poxviridae, del genere Orthopoxvirus, lo stesso che comprende il Variola, il virus comunemente noto come vaiolo, e il Vaccinia, il primo virus utilizzato come vaccino proprio contro il vaiolo. Fino a poco fa si osservava soltanto in maniera sporadica in villaggi africani remoti e in scarse condizione sanitarie, soprattutto in Congo, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana, ma al giorno d’oggi si sta diffondendo in maniera non indifferente nei paesi occidentali.
La diffusione recente ha avuto inizio con il primo caso identificato nel Regno Unito lo scorso 6 maggio, in un uomo che ha contratto il virus durante un viaggio in Nigeria. Poche settimane dopo sono stati riscontrati via via sempre più casi anche in altre nazioni. I primi casi in Italia sono stati identificati tra il 15 e il 25 maggio, in Svizzera il 21 maggio, mentre in Canton Ticino il 21 giugno. Oggi sono oltre 35mila i casi di vaiolo delle scimmie al mondo, con il virus che sta crescendo a un ritmo preoccupante, contagiando il 20% di persone in più ogni settimana. 
Questo scenario ha portato il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Tedros Ghebreyesus a considerare il vaiolo delle scimmie “un’emergenza sanitaria globale” lo scorso 22 luglio. La decisione è stata forzata più che altro per convincere gli stati e la ricerca a muoversi con preavviso, mentre in realtà molti esperti considerano questa malattia ancora una minaccia minima ad oggi.

I sintomi e le similitudini col vaiolo

L’allarmismo nei confronti della malattia, oltre a essere causato dalla preoccupazione popolare in seguito alla pandemia di COVID-19, è dovuto anche al fatto che i sintomi ricordano quelli del vaiolo, una delle malattie infettive più pericolose mai conosciute. Nel corso del solo XX secolo si stima che il vaiolo abbia causato tra le 300 e le 500 milioni di morti in tutto il mondo, raggiungendo un tasso di mortalità del 69%. Il vaiolo è inoltre noto per essere stata la malattia che ha portato all’introduzione della tecnica del vaccino, e quindi come la prima malattia eradicata nella storia dell’umanità, non avendo più riscontrato casi dal 1977.
Il vaiolo delle scimmie si presenta in modo simile ma risulta anche diverso per certi aspetti.
 I sintomi, che si presentano dopo circa 10/12 giorni dal contagio, comprendono febbre, linfonodi ingrossati ed eruzioni e lesioni cutanee come conseguenze più comuni. In aggiunta, anche sonnolenza, mal di testa e dolori muscolari possono comprendere la sintomatologia del vaiolo delle scimmie. Rispetto alla malattia causata dal virus Variola, questa versione recente possiede sintomi più lievi e risulta molto meno letale, dato che in Africa il tasso di mortalità si limita al 10% e durante l’epidemia recente sono stati registrati solo 12 decessi. Sono già disponibili trattamenti e terapie per le persone infette, mentre si è notato che per ora il virus non si trasmette negli individui già vaccinati contro il vaiolo in passato.

Gli animali che trasmettono il virus

Dato il nome della malattia, si può pensare che il virus derivi direttamente dalle scimmie, e che di conseguenza sono state queste a trasmetterlo agli esseri umani. In realtà non è così, poiché il nome della malattia deriva dal fatto che questa è stata osservata in laboratorio per la prima volta nel 1958 nelle scimmie, precisamente nella specie del macaco cinomolgo. Che derivi dagli animali è però un’affermazione corretta: si tratta di una cosiddetta “zoonosi”, ovvero una malattia che può essere trasmessa all’uomo da altre specie animali. Al suo stato naturale, nelle zone dove il virus è endemico, questo colpisce principalmente i roditori, come ratti, topi e scoiattoli, i quali lo possono trasmettere ai primati, quindi anche all’uomo, attraverso il sangue o morsi.
Nonostante non è ancora confermato se altri animali possono trasmettere l’attuale ceppo del virus alle persone, in passato, precisamente nel 2003, erano stati registrati alcuni casi negli Stati Uniti, quando degli uomini avevano contratto il virus dopo un contatto con dei cani delle praterie ammalati.
Tra le persone, il virus si trasmette attraverso un contatto stretto con un caso sintomatico. In particolare eruzioni cutanee, fluidi corporei e sangue sono particolarmente infettivi. Il virus può essere trasmesso anche tramite indumenti, lenzuola, asciugamani o anche altri oggetti come stoviglie se usati da una persona infetta. Infine anche lesioni durante i rapporti sessuali possono trasmettere l’infezione.

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