Cinque motivi per fare un salto al Wef: ma a Elon Musk non ne piace neanche uno

Sara Bracchetti

11/01/2023

11/01/2023 - 10:40

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La crisi in Borsa di Tesla non c’entra nulla: se il ceo non si farà vedere a Davos, settimana prossima, è solo perché considera l’evento «noioso da morire».

Cinque motivi per fare un salto al Wef: ma a Elon Musk non ne piace neanche uno

Chi sperava di quantomento intravederlo in Svizzera, la prossima settimana; di ascoltare in diretta le sue dichiarazioni che fanno clamore, le sue uscite controcorrente, le sue osservazioni al limite della provocazione che si odiano o si amano, si metta il cuore in pace. Elon Musk, l’uomo fra i più chiacchierati degli ultimi anni, il patron di Tesla che sta travolgendo e stravolgendo Twitter, non sarà a Davos il prossimo lunedì, né arriverà con qualche ritardo entro venerdì, giorno di chiusura della 53a edizione del World Economic Forum. Cinquantadue Capi di Stato e di Governo, oltre 2700 leader della realtà politica, del business e della società civile provenienti da 130 Paesi del mondo, un appuntamento ambito per cui tanti farebbero perfino carte false, ma lui no: il meeting è, detto a modo suo, semplicemente «noioso da morire».

Non solo Musk: il sarcasmo del Financial Times

Del resto, l’ha scritto chiaro anche l’autorevole Financial Times, nei giorni scorsi. Non con fini denigratori, semplicamente come dato di fatto: ci sono (solo?) cinque buoni motivi per fare un salto al Wef, l’evento che vuole discutere e delineare vie d’uscita ai problemi del pianeta e concentrarsi, quest’anno, sulla "Cooperazione in un mondo frammentato". Il primo, provare a trovare un lavoro differente, incontrando gente e ascoltando tendenze. Il secondo, in qualche modo connesso: avviare nuove attività. Il terzo: poter stringere la mano a persone di successo e soprattutto scambiare con loro quattro chiacchiere, in modo da uscirne rinvigoriti nella convinzione di essere abbastanza intelligenti e intellettualmente prestanti da sostenere conversazioni con chi ha dimostrato di gran lunga i suoi talenti. Il quarto, puntare in alto: Al Gore o la regina Rania di Giordania, tanto per citarne due. Perché non provare a sedersi al loro fianco? L’ultimo, poter dire «Io c’ero» o «Ebbene sì, questo è stato uno dei grandi topic di Devos quest’anno, ora vi spiego perché». Ha forse il signor Musk bisogno di questo?

Declinato l’invito di Klaus Schwab

Parrebbe proprio di no. Ecco perché avrebbe rifiutato senza remore l’invito di Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, che ha incassato il colpo ed è andato avanti dritto come nulla fosse, lungo la sua strada, a spiegare che «le molteplici forze politiche, economiche e sociali creano una maggiore frammentazione a livello globale e nazionale: per affrontare le cause profonde di questa erosione della fiducia, dobbiamo rafforzare la cooperazione tra governo e settore imprenditoriale, creando le condizioni per una ripresa forte e duratura. Allo stesso tempo, deve esserci il riconoscimento che lo sviluppo economico deve essere reso più resiliente, più sostenibile e nessuno dovrebbe essere lasciato indietro».

Avanguardia vs estabilishment: è loro il futuro?

Secondo Musk, però, il simposio di Davos non è più all’altezza di aspirazioni così grandi e nobili, perché non raccoglie più l’avanguardia, ma soltanto l’establishment. A danno di contenuti che, talvolta, risentono di una certa incapacità di cogliere il punto delle cose. Chi invece continuasse a pensarla nel solito e lusinghiero modo, non ha che da documentarsi sul fittissimo programma e gli interventi degli illustri ospiti. Non è da tutti, in fondo, storcere il naso come sa fare Mister Musk, davanti a temi che comunque meritano più di una secca critica. Si parlerà di intelligenza artificiale, cambiamento climatico, metaverso, cybersecutity, occupazione, educazione e apprendimento: più che probabile che qualcosa di interesse sia alla portata di ciascuno.

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