Franco forte, Pianezzi: "Come nel 2015 il turismo non corre rischi"

Chiara De Carli

15/03/2022

15/03/2022 - 15:52

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Lorenzo Pianezzi, presidente di HotellerieSuisse Ticino, spiega le possibili conseguenze date da moneta nazionale forte e dall’aumento dei prezzi.

Franco forte, Pianezzi: "Come nel 2015 il turismo non corre rischi"

Il turismo svizzero è ancora nella morsa del ciclone. Sono trascorse solo poche settimane da quando albergatori e ristoratori tiravano un sospiro di sollievo per l’allentamento delle misure anti Covid e si dicevano pronti ad accogliere i tanto attesi turisti provenienti dai mercati esteri. E ora invece, guerra e franco forte potrebbero portare nuovamente delle difficoltà. «Certo, per gli svizzeri il mercato europeo diventa più vantaggioso - commenta Lorenzo Pianezzi, presidente di HotellerieSuisse Ticino raggiunto al telefono -, ma oltre alla situazione economica ci sono altri fattori da considerare».

Rincari generali

Il rincaro generale dei prezzi e l’incertezza derivante dalla guerra in corso tra Russia e Ucraina potrebbero portare il turista di casa e da Paesi vicini a scegliere ancora una volta Svizzera e Canton Ticino. Per questo Pianezzi si dice abbastanza tranquillo: «Il franco forte non incide sul mercato interno. Il Canton Ticino rimane un luogo attrattivo quest’anno come gli anni scorsi».

Presidente, con una valuta così pesante il turismo della nostra regione è a rischio?
«Con una moneta forte, le difficoltà per il nostro turismo sono sempre dietro l’angolo, perché in Svizzera le vacanze costano di più. Stando alle ultime previsioni, avevamo considerato di recuperare parte dei mercati esteri, venuti meno durante la pandemia. Parliamo di Germania, Francia, Austria e Italia per i mercati limitrofi, ma anche di Gran Bretagna, Paesi arabi e Stati Uniti. In questo quadro, il turismo proveniente dagli Stati vicini può soffrire per via del cambio, mentre quello in arrivo dall’America per via della guerra».

Perché?
«L’americano ragiona così: essendo il conflitto in uno degli Stati dell’Europa tende a considerare tutto il continente come non sicuro. Per questo evita anche la Svizzera». 

Siamo diventati meno attrattivi?
«A livello di costi? Sì. Tuttavia, sono due anni che il mondo è fermo. A causa del Covid molti hanno rinunciato ai viaggi, risparmiando sulle vacanze. Questo favorirà maggiori spese nella scelta della destinazione e nel corso del soggiorno. 

Alla luce di questa situazione, si assiste già a qualche disdetta?
«No, non ancora. Certo, se prendiamo in considerazione l’estero, i pernottamenti costano meno, ma al momento non sappiamo come reagiranno i turisti».

È necessario mettere nuove strategie in campo?
«Abbiamo vissuto una situazione simile quando nel 2015 la Banca nazionale aveva rimosso il cambio fisso. Rispetto ad allora, al momento la stiamo vivendo in maniera meno drammatica. Oltre al franco forte ci sono altri fattori da tenere in considerazione, perché tutti i prezzi stanno crescendo. Nei prossimi giorni, i biglietti aerei tenderanno a costare di più rispetto a qualche settimana fa. E anche questo potrebbe essere un deterrente per non scegliere una meta troppo lontana. Quindi quello che non viene speso per l’acquisto di un viaggio aereo, può essere speso per venire in Svizzera e in Ticino».  

Parliamo della durata dei soggiorni: si potrebbe assistere ad una riduzione dei giorni di permanenza? 
«Rispetto allo scorso anno i pernottamenti dureranno meno. Solitamente il Ticino aveva una media di 2,2 notti per soggiorno. Una stima leggermente cresciuta nel 2021 con la pandemia. Per quest’anno prevediamo una contrazione». 

L’assenza di russi e ucraini influirà sul turismo ticinese?
«Solo per alcune case alberghiere che fanno riferimento al segmento del lusso. Il mercato russo era davvero molto limitato a poche strutture a 5 stelle. Ogni anno venivano delle famiglie a trascorrere qui le vacanze, quest’anno non le rivedremo».  

Gli albergatori sono preoccupati?
«Parlare di preoccupazione al momento forse è fin troppo. Sicuramente la situazione fa riflettere. Siamo convinti che a causa dell’incertezza dettata dalla situazione geopolitica, lo svizzero tenderà a muoversi entro i confini. Se così fosse, tendenzialmente avremo un mercato interno più forte rispetto a quanto poteva succedere se non ci fosse stata questa guerra».

Quali sono le previsioni nell’immediato periodo? Ci sono timori per Pasqua e per l’estate?
«Al momento no. Sappiamo comunque che tradizionalmente le vacanze di Pasqua fanno riferimento a un mercato interno. Per quanto riguarda l’estate, ci aspettavamo un incremento del mercato estero. Ora dobbiamo aspettare per poter capire come reagiranno i turisti al fattore cambio e a questa insicurezza generale dettata dalla guerra. Se il problema del franco forte dovesse farsi sentire, avremo di nuovo tanti svizzeri piuttosto che turisti stranieri. È vero, lo svizzero potrebbe essere orientato a uscire dai confini nazionali, però se dovesse aggravarsi lo scenario bellico, preferirà rimanere in Svizzera. Nella malaugurata ipotesi in cui dovesse esserci un blocco dei cieli dell’Europa, una persona all’estero come potrebbe rientrare? La gente riflette anche su questo. Ecco dunque che il mercato interno potrebbe scegliere ancora il Ticino per le sue vacanze».  

Per quanto riguarda il segmento congressuale, vede qualche rischio?
«Direi di no. Le richieste arrivano e il mercato sembra riprendersi. A livello internazionale rimane comunque una situazione incerta».

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