Ma quale Covid: a preoccupare i nostri ragazzi adesso è il prezzo della benzina. Ecco perché

Sara Bracchetti

28/09/2022

28/09/2022 - 10:38

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Del tutto scomparsa dalla top five delle ansie di chi ha fra 16 e 25 anni, la pandemia è stata scalzata dai carburanti. Non mente il barometro della gioventù di Credit Suisse: domina la paura di non poter più mantenere un auto o spostarsi in aereo.

Ma quale Covid: a preoccupare i nostri ragazzi adesso è il prezzo della benzina. Ecco perché

Svizzera, Stati Uniti, Singapore o Brasile: proprio vero che tutto il mondo è Paese, specie quando si parla di giovani. Che condividono mode, abitudini, standard di comportamento e aspettative a prescindere dalla latitudine, abbattendo le barriere: che si tratti di aspirazioni o di anise e paure. Ecco dunque che non c’è differenza, quando si tratta di misurare il loro sentimento negativo. Se, in passato, a dominare le loro preoccupazioni era il Covid, ecco che in questo 2022 è entrata di prepotenza la guerra. E a scalzare le questioni relative a malattia, vaccini e restrizioni sanitarie, addirittura completamente scomparse dai primi cinque pensieri dei ragazzi elvetici, è adesso il prezzo della benzina, fra chi ha fra i 16 e i 25 anni.

Dalla sociopolitica ai bisogni materiali

Meno etica, più pratica, nello studio di Credit Suisse, che nel Barometro della gioventù segnala l’abbandono delle questioni di sociopolitica, in precedenza a dominare le attenzioni, verso bisogni di natura materiale, in cima ai quali la sicurezza. Anche se, a ripristinare nella classifica interessi meno individualistici, spunta l’Ucraina, verso cui la maggioranza degli intervistati nei tre continenti indirizza il proprio anelito altruista, segnalando il desiderio di partecipare alle sorti del popolo invaso e di sostenerlo con aiuti umanitari, molto apprezzati fin dal principio del conflitto.

Auto e aereo: il rischio di divario sociale

Ciò nonostante, il conflitto resta in cima alle inquietudini dei ragazzi per altri motivi: le conseguenze sul portafoglio. Paura di non poter più mantenere un’auto, alla luce di prezzi di carburante che, seppur al momento in discesa, restano notevolmente superiori rispetto a quelli di inizio anno, e comunque sempre fortemente a rischio di nuovi incrementi. Paura di non potersi più permettere gli spostamenti in direzione del luogo di lavoro o, in un certo qual senso ancora peggio, le occasioni di svago: dalle serate con gli amici alle gite fuori porta o i viaggi verso le località di vacanza, raggiunte vuoi con mezzi propri o con un aereo che, per i medesimi motivi, risulta sempre meno abbordabile da tasche giovani. E prossimo, possibile motivo di divario sociale, sostenibile solo dalle fasce più alte di reddito.

Appello alla neutralità elvetica

Tutti con lo stesso affanno, chi più, chi meno: perché poi, a incidere in misura maggiore o minore, è il luogo dove si vive. Se il resto del mondo è molto preoccupato, la Svizzera lo è parecchio meno: “solo” il 48% si definisce tale, mentre il 49% dei ragazzi elvetici si dice «non molto preoccupato»; benché poi il 61% tema che la guerra – e le sue conseguenze - possa allargarsi ad altri Paesi. Anche per questo la quota di chi esprime comprensione per la Russia e le sue ragioni è molto più bassa che altrove: 24%, a fronte del 35% in Brasile, 42% negli Stati Uniti e 46% a Singapore. Il 31% dei giovani elvetici si dice anche insoddisfatto delle misure politiche prese al riguardo dalla Confederazione e il 44% invoca un “ritorno” alla neutralità.

Crolla la fiducia: -20% o quasi in quattro anni

«Colpisce il fatto che la fiducia nel futuro delle giovani generazioni sia nettamente diminuita», riflette Manuel Rybach, global head of public policy and regulatory foresight di Credit Suisse. In Svizzera, ormai solo il 44% si dice abbastanza fiducioso nel proprio futuro, a fronte dell’oltre 60% del 2018. Ai piani alti della graduatoria che motiva il pessimismo, anche la previdenza per la vecchiaia (44%), il cambiamento climatico (31%) e la sicurezza energetica (22%), che alla fine vanno a incedere tutti e a contribuire all’incertezza economica. In Brasile si segnala anche la preoccupazione per la disoccupazione (47%).

Home working? Ai giovani non interessa

Le condizioni d’impiego restano ai margini invece in Svizzera, dove però, in linea con gli intervistati delle altre parti del mondo, si segnala il desiderio di un buon capo. L’idea di home working, invece, non ha ancora attecchito nell’immaginario collettivo dei ragazzi: per loro, il lavoro resta sinonimo di ufficio e orario rigido.

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