Prezzo benzina, quasi quasi conviene l’Italia. Ecco perché la paghiamo così cara

Sara Bracchetti

11 Marzo 2022 - 18:45

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La Russia c’entra poco, spiega Avenergy Suisse: solo un 10% del petrolio che finisce nelle nostre auto arriva da lì. Intanto, però, i distributori ticinesi fanno i conti con un calo delle vendite del 32%.

Prezzo benzina, quasi quasi conviene l'Italia. Ecco perché la paghiamo così cara

Nonostante tutto, nessuno si aspettava che accadesse così in fretta. Se una settimana fa lo spauracchio di un ritorno alla condizione nefasta del 2008 sembrava ancora un po’ lontano, oggi non è solo realtà: è anche qualcosa di peggio. I prezzi dei carburanti registrati quattordici anni fa, quando il diesel toccò il record di 2,27 franchi e la Senza piombo 95 l’1,98, sono stati abbondantemente superati già due giorni fa, con una rapidità che ha sorpreso anche quegli addetti ai lavori che già lamentavano cali importanti nelle vendite. Benzina senza piombo 95 a 2,23 franchi; benzina senza piombo 98 a 2,32 franchi; diesel a 2,35 franchi: dati Tcs che il 9 marzo segnalavano un incremento di ben 20 centesimi in una manciata di ore. E che, soprattutto, invecchiano da una mattina all’altra, quando le stazioni di rifornimento si trovano ad aggiornare i display con prezzi di giornata sempre nuovi, puntuali verso l’altro.

Il Ticino perde 3 volte di più della Svizzera

Tutto da capo, insomma, tutto da rifare: appelli da lanciare, buoni auspici da ritrovare, fra le pieghe di una situazione che, invece di invertire rotta, pare progredire verso il peggio. L’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia, e la parziale limitazione del telelavoro che insieme avevano ridotto all’essenziale i trasporti e i consumi, sembrava finalmente promettere sollievo alle stazioni di servizio del Ticino, costrette a fare i conti nel 2021 con un ribasso nelle vendite del 32%: una percentuale tre volte più alta della media elvetica, dove la riduzione, pur importante, si fermava all’11%. Il prezzo che però lievita da un giorno all’altro soffoca sul nascere ogni aspettativa più fiduciosa. Si continuerà a viaggiare il meno indispensabile; perdendo presumibilmente anche quella parte di "pendolari del pieno" che, adesso, non trovano più alcuna convenienza a spostarsi oltreconfine per risparmiare qulche centesimo sulla benzina.

Il paradosso del prezzo al barile

Eppure il prezzo al barile questa mattina era più basso rispetto a un giorno fa: 109,09 dollari al barile invece di 112,64. Numeri che al profano fanno certo poca differenza; se però li si raffonta con il prezzo del 2008, ecco che il dubbio diventa amletico e la domanda più semplice di tutte, "perché?", sorge spontanea. «Perché i prezzi della benzina sono composti da tre blocchi principali: i costi di approvvigionamento del mercato petrolifero internazionale, compreso il trasporto verso il confine svizzero, le tasse statali e di diritto pubblico, nonché i costi di distribuzione - risponde Martin Stucky, responsabile per il Canton Ticino di Avenergy Suisse, associazione degli importatori di petrolio - Circa tre quarti dei carburanti consumati in Svizzera, benzina o gasolio, sono importati sotto forma di prodotti finiti. Provengono da raffinerie situate lungo il Reno e nell’area di Amsterdam, Rotterdam e Anversa, rifornite con petrolio proveniente dal Mare del Nord, dall’Africa e dal Medio Oriente. Questa zona, cosiddetta Ara, svolge un ruolo decisivo nella fissazione dei prezzi sul mercato svizzero e quindi nei prezzi alla pompa della benzina e del gasolio».

Nigeria, Libia, Usa: ecco da chi compriamo

Accade così che la combinazione di tasse, costi di raffinazione, costi di trasporto incrementati «a causa del basso livello del Reno» e, non ultimo, rafforzamento del franco, portino i prezzi alla pompa a lievitare. Meno, invece, c’entra la Russia, da cui la Confederazione non si rifornisce. O almeno non direttamente. «La Svizzera non importa petrolio greggio dalla Russia o dall’Ucraina - precisa Stucky - Il 27% dei nostri prodotti proviene dalla raffineria nazionale di Cressier, che lavora principalmente petrolio greggio proveniente da Nigeria, Libia e Stati Uniti».

La guerra ha colpe "solo" sul prezzo del gas

Ciò nonostante resta un "ma", ammette Avenergy Suisse. «Nel 2021, il 45% dei prodotti petroliferi svizzeri è arrivato dalle raffinerie tedesche, alcune delle quali lavorano il greggio russo. Non sappiamo fino a che punto. Stimiamo che circa il 10% di petrolio greggio di provenienza russa sia presente nei prodotti qui commercializzati». Quantitativi che, secondo Stucky, non sono in grado di incidere in misura significativa, alla luce dell’attualità e delle preoccupazioni legate al conflitto in corso. «La Svizzera non dipende dal petrolio russo: non c’è un cambiamento immediato nella fornitura di prodotti petroliferi a causa della guerra in Ucraina. In questo senso, la situazione del mercato degli oli minerali è molto più robusta di quella del gas naturale, dove invece la dipendenza dalla Russia e dagli oleodotti d’importazione è grande. Se la crisi dovesse continuare, non ci aspettiamo alcuna difficoltà straordinaria nella fornitura di prodotti petroliferi. Abbiamo scorte per almeno quattro mesi e mezzo. Quanto al combustibile per riscaldare gli 800mila edifici in Svizzera, le scorte esistenti ci consentirebbero di andare avanti un anno».

Restiamo pronti a "oscillazioni spettacolari"

Non rimarremo cioè senza benzina, insomma; ma la pagheremo comunque cara, a causa dell’incertezza dei mercati su cui pesa, questa volta sì, la Russia in guerra con l’Ucraina. «Purtroppo, la paura ha generato una reazione spropositata, emotiva. A causa dell’alto prezzo del greggio - non nasconde Avenergy - i prezzi sono alti e probabilmente rimarranno tali per un po’. Impossibile però fare previsioni. Le oscillazioni potranno essere spettacolari. Pensiamo al passato: nel luglio 2008 i prezzi superarono i 2 franchi, sei mesi dopo erano scesi a 1,34 franchi».

Sotto pressione le pompe nelle zone di confine

A farne le spese, intanto, sono il settore dei trasporti, in primis, e la gente comune costretta a spostarsi per lavoro, proprio nel momento in cui sembrava lieta di poter tornare a un passato fatto di libertà. I vertici dell’Associazione ticinese stazioni di servizio, per adesso, tacciono. Restano a guardare ciò che accade, fra volumi di traffico che promettono di abbassarsi invece di salire e difficoltà crescenti di un settore che, dicono, è «sotto forte pressione, soprattutto nelle zone di confine, dove si sono registrati i crolli di volumi maggiori». I giornali in Lombardia non hanno perso tempo per annunciarlo. Se fino a qualche giorno fa qualche vantaggio ancora si trovava, oggi «nemmeno in Ticino ci si salva più». Con il franco forte e un prezzo del diesel che in Italia oscilla fra i 2,19 e i 2,39 euro al litro, dai 2,09 ai 2.38 euro per la benzina, c’è anzi il rischio di perdere anche qualche cliente svizzero.

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