L’export è in ripresa, +6,8% a gennaio grazie ai modelli che costano oltre 500 franchi: +13,2% di pezzi venduti. Crolla invece la fascia media, -21,7%.
Nessuna mezza misura: o costano poco oppure tanto. Piacciono sempre meno, invece, gli orologi svizzeri di fascia media, che all’estero sono in netto ribasso: il calo è addirittura del 21,7%. Fortuna che ci sono quelli sotto i 200 franchi o sopra i 500 a trascinare l’export, che all’opposto continua il trend positivo cominciato a novembre. Il mese di gennaio si chiude così con un profitto di 1,7 miliardi di franchi, +6,8% rispetto a un anno fa secondo i calcoli della Federazione dell’industria orologiera svizzera.
Acciaio meglio dell’oro
La fascia bassa di mercato incamera un +10,3% di pezzi venduti fuori dalla Confederazione; +13,2% quella alta, per un 7,9% in più di valore. Dominano gli orologi da polso, che con un milione e cento mila unità portano in cassa da soli un miliardo e 625,1 milioni di franchi, e domina l’acciaio; preferito ai metalli preziosi, rappresenta i tre quarti del venduto, con 656mila pezzi per 658 milioni di franchi e un incremento del 4,5%. Abbinato all’oro, vende invece solo 88mila orologi, che significa una caduta dell’8,1%.
Gli Usa battono la Cina
Ma chi vanno a vestire gli orologi elvetici? Gli Stati Uniti superano la Cina con una quota di mercato del 14,8%, 252 milioni di franchi e +37,5%, contro 13,1%, pari a 224 milioni di valore che significano però un meno 12,2%. In salita il Regno Unito (+26,1%) e il Giappone (+9,2%). Nell’Unione Europea, la crescita è trainata dalla Spagna: la fetta di mercato complessiva è magari più modesta che altrove, ma il +54% lascia sperare ottime cose.
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