Gli svizzeri preferiscono il cibo di casa nostra. Sem Genini: «In Ticino soffriamo la concorrenza estera»

Matteo Casari

1 Giugno 2023 - 15:31

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Il 90% degli svizzeri preferisce i prodotti agricoli locali anche per questioni ambientali. Tuttavia, il mercato ticinese è caratterizzato da diverse tendenze e particolarità.

Gli svizzeri preferiscono il cibo di casa nostra. Sem Genini: «In Ticino soffriamo la concorrenza estera»

Per i consumatori svizzeri il luogo di produzione degli alimenti è un fattore importante. Infatti, il 90% dei partecipanti a un sondaggio realizzato dall’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG) ha dichiarato di acquistare, quando possibile, prodotti svizzeri. Dal sondaggio emerge anche che il prezzo riveste un’importanza maggiore rispetto a soli due anni fa. L’agricoltura svizzera continua a godere di grande fiducia.
Per capire meglio questo trend nel nostro Cantone, abbiamo parlato con Sem Genini, segretario agricolo cantonale dell’Unione Contadini Ticinesi.

Provenienza e prezzo le priorità d’acquisto

In questo studio rappresentativo, il 90% dei partecipanti al sondaggio ha indicato di acquistare "se possibile" prodotti agricoli svizzeri. Soprattutto nell’acquisto di uova, latte e latticini, i partecipanti prestano attenzione alla provenienza nostrana dei prodotti e hanno indicato i trasporti brevi come il principale motivo per il loro acquisto.
Nel 2021 il prezzo e la qualità biologica andavano di pari passo per importanza; quest’anno il prezzo, con il 39%, ha chiaramente superato il bio, che ha ottenuto il 27% delle preferenze.

Crede che la tendenza che è stata rilevata a livello nazionale rifletta anche la situazione in Ticino?
«È un dato di certo confortante e positivo, ma bisogna comunque dire che la situazione non è così semplice e lineare come invece potrebbe trasparire dalla ricerca citata. E questo mi fa subito pensare alla dimensione finanziaria e alla necessità, per molti degli intervistati, di risparmiare in un periodo difficile come questo. È una preoccupazione che il settore agricolo ha ben presente perché è confrontato con forti rincari dei costi, dovuti anche alla guerra in Ucraina, e poche se non nulle possibilità di ottenere degli aumenti dei prezzi pagati alla produzione. Nel 2022 il reddito settoriale in agricoltura ha visto registrare un deficit di circa 400 milioni di franchi rispetto agli anni precedenti. La percezione di molti che i rincari vadano attribuiti ai contadini, non è vera. Il caso del latte, indicato tra gli alimenti verso cui i consumatori sono più attenti, è emblematico: è una dichiarazione di fiducia e di sostegno ma, se guardiamo la filiera, viene pagato al produttore fino a 47 centesimi al litro in certi periodi, e il Ticino è di gran lunga sotto la media nazionale. Purtroppo al momento non sono i produttori a guadagnare dalla vendita di latte svizzero, come mostra la continua diminuzione di aziende con vacche da latte che si convertono alle vacche nutrici da carne.
Per concludere, è vero ed è ineluttabile che è in atto una virtuosa attenzione all’acquisto e all’apprezzamento del prodotto locale, meglio se comprando direttamente dall’agricoltore che si conosce. Gli aspetti positivi non vanno però esagerati e diversi nostri affiliati che praticano la vendita diretta ci hanno segnalato che, con la riapertura post-pandemica delle frontiere, il turismo degli acquisti ha subito un’impennata impressionante, a sfavore loro e degli altri commerci ticinesi. Questa legittima discrepanza tra intenzioni e azioni concrete è, come detto, spesso complessa e rifugge da analisi semplificate e va tenuta debitamente in considerazione in un’ottica futura di miglioramento».

La buona reputazione dell’agricoltura

La ricerca mostra che gli Svizzeri continuano a valutare positivamente l’agricoltura del nostro Paese.
Anche la fiducia dei partecipanti al sondaggio nei confronti del settore primario rimane alta. Il lavoro dei contadini e delle contadine viene definito imprenditoriale e al passo coi tempi. Al contrario, sono risultate in lieve calo la vicinanza ai consumatori e l’uso di pratiche ecologiche.

Quali pratiche si stanno mettendo in atto in Ticino per favorire l’acquisto e il consumo di prodotti alimentari a chilometro zero?
«Ci sono molteplici progetti che vanno proprio nella direzione di far conoscere meglio la realtà virtuosa dell’agricoltura svizzera e favorire l’acquisto di prodotti regionali. Tra cquesti, per esempio, il Brunch in fattoria del 1° agosto, la Giornata delle porte aperte in fattoria, la visita delle stalle e le agriesperienze, senza dimenticare il nostro impegno in qualità di Centro di Competenze Agriturismo Ticino che è l’emblema dei progetti che aiutano a far acquistare e consumare direttamente in loco prodotti a KM=0. Un altro esempio che mi viene subito in mente è il progetto di Marchio Ticino regio.garantie, che portiamo avanti in collaborazione con alpinavera e il Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT), che certifica che l’origine degli ingredienti e la maggiore creazione di valore aggiunto dei prodotti avvengano in Ticino. Va detto che c’è già una forte sensibilità da parte della popolazione a questo tema e troviamo sempre un orecchio attento. Infine ci tengo a citare anche il progetto “mense” del CCAT, che è diretto verso i refettori che, aderendovi, si impegnano ad utilizzare il più possibile ingredienti locali. Specialmente nel caso delle scuole, l’educazione alimentare non termina fuori dalla mensa ma ne fa parte integrante».

Il consumo e il suo impatto sull’ambiente

Lo studio ha toccato per la prima volta anche le abitudini alimentari. Oltre la metà degli interpellati ipotizza che i propri acquisti e consumi influiscano positivamente sull’ambiente e ne attribuisce il motivo all’attenzione nell’acquisto di alimenti di provenienza regionale. I partecipanti che ritengono che il proprio consumo abbia un impatto negativo sull’ambiente ne riconducono la ragione principalmente al consumo elevato di carne e di altri prodotti animali.
«Sicuramente l’acquisto di prodotti regionali/locali e svizzeri influisce positivamente sull’ambiente, dato che abbiamo già una legislazione tra le più severe e attente al mondo» spiega Genini. «Prendiamo il formaggio e gli altri prodotti dell’alpe: non solo si sostiene un’importante tradizione ticinese e svizzera, ma si garantisce ulteriore benessere agli animali al riparo dalla calura estiva e si contribuisce a mantenere aperti pascoli e sentieri a beneficio di tutti noi e anche del turismo, un settore tanto importante per il nostro Paese. Inoltre è risaputo e mostrato da studi scientifici che gli alimenti locali hanno un impatto ambientale minore, trasporto incluso».

Evitare il Food Waste

Un’alimentazione rispettosa dell’ambiente è fondamentalmente il risultato dell’acquisto e del consumo di alimenti stagionali e regionali e dell’eliminazione del Food Waste. Circa due terzi dei partecipanti sono a favore di una dichiarazione chiara dell’impatto climatico e ambientale degli alimenti.

Quali sono le eccellenze alimentari ticinesi che i consumatori della nostra regione apprezzano di più? Ha qualche caso pratico da portare come esempio?
«È veramente difficile e ingrato fare degli esempi e delle classifiche. Tutti i prodotti del Ticino sono delle eccellenze. La salumeria, i latticini, le verdure e i vini, in particolare il merlot, sono i primi che mi vengono in mente così a caldo, soprattutto perché sono una scoperta continua dato che ogni produttore ha la propria ricetta e la propria tradizione. Inoltre, per quanto riguarda il formaggio d’alpe che è un fiore all’occhiello del nostro Cantone e che ottiene anche dei buoni prezzi di vendita, ogni alpeggio è diverso dall’altro, per le erbe presenti nei pascoli e il tipo di lavorazione del latte. Molti produttori sperimentano, provando nuove tecniche, riscoprendone o affinando quelle vecchie per adeguarsi il più possibile alle esigenze dei consumatori e restare al passo coi tempi e la concorrenza che di certo non sta a guardare».
 
Oltre a favorire il consumo interno, crede che il Ticino abbia anche le potenzialità per esportare all’estero la propria produzione alimentare?
«È una domanda complessa e ritengo che non dobbiamo farci prendere da manie di grandezza, ma conservare il senso delle proporzioni. Anche in considerazione dei quantitativi che produciamo e della grande varietà di prodotti, il mercato cantonale e nazionale restano per noi i più importanti per la maggior parte dei prodotti. Ci possono essere ambiti specifici, come nel caso del vino, del formaggio d’alpe, di alcune verdure e degli yogurt, che vengono prodotti in grande quantità e potrebbero di certo anche essere esportati a un prezzo però equo. Non escludo però in futuro che per trovare dei nuovi canali di smercio per taluni prodotti specifici, che al momento trovano delle difficoltà, si possa dare uno sguardo al mercato della Lombardia, per esempio, che ha un bacino potenziale di acquirenti molto ampio. Questa potrebbe essere una nuova strada da percorrere e che potrebbe aprire nuovi orizzonti interessanti».

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