Alluvioni, frane, nubifragi: cambiamento climatico o «semplicemente» maltempo? Intervista a Cristian Scapozza, Supsi

Chiara De Carli

19/06/2023

19/06/2023 - 15:40

condividi
Facebook
twitter whatsapp

Cristian Scapozza, professore in Geomorfologia applicata alla Supsi, ci spiega quando un evento metereologico estremo è da considerare conseguenza del cambiamento climatico.

Alluvioni, frane, nubifragi: cambiamento climatico o «semplicemente» maltempo? Intervista a Cristian Scapozza, Supsi

Il 59,1% degli svizzeri ha deciso di appoggiare la nuova legge sul clima che punta, entro il 2050, a rendere la nazione più innovativa e indipendente dal punto di vista energetico. Oggigiorno, la dipendenza della Svizzera dalle fonti di origine fossile quali olio da riscaldamento, benzina, diesel e gas naturale è ancora elevata. Più di tre quarti di questi vettori viene importato, una criticità venuta a galla in modo particolare a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La Svizzera produce, inoltre, gran parte dell’elettricità sfruttando l’energia idroelettrica; tecnologia messa a rischio nel 2022 per via della grande siccità che ha colpito tutta Europa. Un evento eclatante che ha condizionato la filiera alimentare mondiale.
La pioggia è poi tornata, ma per via della condizione arida dei terreni e di condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli, ha portato con sé danni importanti e opposti a quelli della siccità. Solamente un mese fa, nella vicina Italia, città, paesi e campagne della regione Emilia-Romagna sono stati sommersi dall’acqua. Infine, in Svizzera e in Ticino, la percezione è che grandinate intense e frane siano sempre più frequenti. Eventi che sommati tutti insieme sembrano dare ragione alla scienza: il cambiamento climatico è evidente e dobbiamo fare qualcosa per affrontare al meglio il futuro che ci aspetta.

Evento meteorologico estremo o cambiamento climatico?

Nelle ultime settimane, in seguito a questi drammatici eventi, non si è fatto altro che parlare del tema. Ma come sempre accade si è creata anche tanta confusione. Cosa si intende dunque per cambiamento climatico? Di fronte a eventi di tale entità è giusto parlare di maltempo?
Per fare chiarezza abbiamo chiesto l’intervento di Cristian Scapozza, professore in Geomorfologia applicata alla Scuola Universitaria della Svizzera italiana (Supsi), responsabile del Centro competenze cambiamento climatico e territorio (CCCT), nonché vice-presidente della Società Svizzera di Geomorfologia (SSGm/SGmG) che innanzitutto ha chiarito quel che si intende per cambiamento climatico. «Per definizione, consiste in una modifica dello stato del clima, così come definito dall’Organizzazione meteorologica mondiale, inteso come uno stato “normale” dell’atmosfera»

Professore, ci spieghi meglio.
«Si intende una variazione dei valori medi su un periodo di almeno 30 anni di temperatura, precipitazioni, soleggiamento, umidità dell’aria e venti. Ossia di tutte quelle componenti atmosferiche che determinano il clima di una certa regione. Dal momento in cui si assiste a una modifica dello stato “normale” di uno di questi elementi nell’arco di un trentennio o più, ci troviamo di fronte a un cambiamento climatico».

In Svizzera in questi anni cosa è cambiato?
«Considerando la vecchia norma di riferimento 1961-1990 e la nuova 1991-2020, si riscontra un innalzamento della temperatura media, massima e minima per tutte le stazioni.
Se guardiamo agli ultimi 150 anni la temperatura media in Svizzera è aumentata di circa 2°C. A sud delle Alpi attorno a 1,8°C, a fronte dell’aumento di 1°C a livello globale. Ci troviamo quindi di fronte a un cambiamento climatico. La conseguenza la si può constatare con un aumento netto del numero di giorni estivi (ovvero quelli in cui la temperatura massima raggiunge almeno i 25°C), e di giorni e notti tropicali (con temperature diurne almeno di 30°C e notturne non inferiori ai 20°C). Di pari passo, sono diminuiti i giorni di gelo, quelli con temperatura minima inferiore a 0°C, e di ghiaccio, quando il termometro rimane sempre sotto lo zero».

Nelle precipitazioni, invece?
«In questo caso non c’è una modifica significativa del quantitativo annuo medio sul trentennio. Però si assiste a un aumento dell’intensità di precipitazioni, con le precipitazioni intense che sono sempre più frequenti. Sono nettamente diminuite le nevicate e la durata di periodo con neve al suolo, soprattutto nelle basse (500 – 1500 m) e medie (1500 – 2500 m) quote».

Gli eventi meteorologici estremi verificatisi nelle scorse settimane hanno innescato un dibattito pubblico riguardo al cambiamento climatico. Quando è corretto attribuire un evento a un fenomeno piuttosto che all’altro?
«Il singolo evento non è mai un indizio di un cambiamento climatico. È l’aumento di frequenza e/o di intensità degli eventi che lo è, che però non fa capo all’elemento emozionale dell’impatto diretto riscontrabile sul territorio ma piuttosto alla freddezza delle serie statistiche e della loro analisi. Un evento estremo può avvenire anche assenza di cambiamento climatico.
A livello semantico è sempre più semplice attribuire direttamente un evento di portata importante al cambiamento climatico, invece di specificare che l’evento è “molto probabilmente dovuto al cambiamento climatico”. La certezza la si può avere solamente a seguito di decenni di raccolta dati e di studio».

In questi anni c’è stata la conferma scientifica di eventi meteorologici innescati dal cambiamento climatico?
«Sì, i cosiddetti “studi di attribuzione” consentono di stimare se un evento specifico possa essere stato favorito nel suo insorgere dal cambiamento climatico. Recentemente è stato pubblicato uno studio che ha analizzato l’ondata di calore che nel luglio del 2021 si è abbattuta sulle coste occidentali canadesi e degli Usa. La conclusione non ha confermato che l’evento non si sarebbe manifestato in assenza di cambiamento climatico, piuttosto ha messo in luce che in condizioni climatiche non perturbate la probabilità con cui si sarebbe potuto verificare era ben 150 volte inferiore».

Ma allora come si può distinguere un evento metereologico da un evento causato dal cambiamento climatico?
«Un evento meteorologico è un qualsiasi evento che accade su un lasso di tempo determinato da una singola situazione meteorologica (da qualche ora a qualche anno). Possiamo avere un singolo evento di pioggia, pioggia più intensa e così via. Quando invece si parla di evento metereologico estremo, questo viene valutato sempre su base statistica, dunque dalla sua frequenza e dalla sua intensità. Più un evento è raro e più è intenso».

La frequenza degli eventi estremi sta aumentando?
«In uno stato normale, un evento meteorologico estremo ha un tempo di ritorno superiore al secolo (probabilità di accadimento bassa) o ai tre secoli (probabilità di accadimento molto bassa). Ora può riproporsi anche più volte nel corso dello stesso secolo. In generale, l’evento estremo dovrebbe esulare dalla memoria diretta dell’evento. In Svizzera le rilevazioni sistematiche sono iniziate nella seconda parte dell’Ottocento, diventa dunque difficile ricostruire l’andamento metereologico su più di un secolo e mezzo. Quindi gli eventi estremi, che sono stati documentati tramite misurazioni dirette, sono al massimo uno o due, o anche nessuno».

In Svizzera c’è mai stato un evento metereologico estremo indipendente dal cambiamento climatico?
«Ricordiamo la cosiddetta "Grande alluvione” del 1868, forse l’evento più catastrofico vissuto dalla Svizzera moderna, vale a dire dopo il 1848.».

Nel caso dell’alluvione avvenuta in Emilia-Romagna è giusto parlare di maltempo o bisogna considerarlo un effetto del cambiamento climatico?
«Dal punto di vista meteorologico è stato un evento particolarmente intenso, dunque è corretto parlare di maltempo. Ha avuto un impatto negativo tale da innescare un’alluvione. Attribuirlo direttamente al cambiamento climatico non è sbagliato, ma non è nemmeno così corretto. Riprendendo il concetto di “studio di attribuzione” a cui ho accennato in precedenza, bisognerebbe piuttosto comunicare che è stato un evento che, per la sua intensità, è stato probabilmente favorito da questo sistema climatico perturbato che abbiamo oggi. Anche se in situazioni come queste ci sono poi altri aspetti da considerare».

Cioè?
«Bisogna capire come il territorio colpito ha risposto all’evento meteorologico. Se per il fattore metereologico l’aggravante può essere il surriscaldamento globale, sul piano territoriale questa è legata all’urbanizzazione, all’impermeabilizzazione delle superfici, alla pressione esercitata sul suolo, per esempio da parte di un’agricoltura non sostenibile. Lo stesso evento meteorologico su territori diversi non porta alle stesse conseguenze».

Oggigiorno, purtroppo, le normative contro il consumo di suolo sono ancora poche.
«A livello svizzero è partito da poco un piano per una cartografia dettagliata del suolo nazionale. Per una migliore tutela sarebbe ideale conoscere nel dettaglio le caratteristiche geotecniche di ciascun tipo di suolo e quindi la sua capacità ad assorbire l’acqua o a farla ruscellare in superficie. Questo manca ancora nel dettaglio. La Confederazione sta quindi spingendo per elaborare questo tipo di cartografia».

Alluvioni, frane, nubifragi. L’aumento della frequenza degli eventi estremi è un campanello d’allarme?
«Sono segnali che dovrebbero portarci a riflettere su come pianificare il territorio per rispondere in modo sempre più efficiente a questi eventi. Riportando le conclusioni dello studio che ho citato in precedenza “il nostro clima in rapido riscaldamento ci sta portando in un territorio inesplorato con conseguenze significative per la salute, il benessere e i mezzi di sussistenza. L’adattamento e la mitigazione sono urgenti per preparare le società a un futuro molto diverso”».

Fotografia: ©SUPSI 2023_Claudia Cossu

Iscriviti alla newsletter