L’aumento dei salari riuscirà a tenere testa all’inflazione? L’inchiesta

Chiara De Carli

08/11/2022

08/11/2022 - 14:28

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Secondo Ubs per l’anno prossimo i salari nominali aumenteranno in media del 2,2%. Troppo poco per contrastare la morsa dell’inflazione.

L'aumento dei salari riuscirà a tenere testa all'inflazione? L'inchiesta

Aumenti di salari in vista nel 2023. Stando all’indagine annuale sulle retribuzioni condotta da Ubs, le 290 aziende intervistate prevedono di incrementare gli stipendi dei propri collaboratori del 2,2% a partire dal prossimo gennaio. Ma basterà questo aumento, considerato il più elevato degli ultimi 15 anni, ma al di sotto dell’attuale tassi di inflazione, per far fronte allo shock inflazionistico?
L’aumento dei salari nominali coinvolgerà diversi settori. Per esempio i lavoratori dei segmenti del commercio all’ingrosso, dell’informatica e delle telecomunicazioni, nonché degli orologi e dei gioielli, l’anno prossimo si troveranno il 3% dello stipendio in più in busta paga. Lo stesso vale per i dipendenti dei settori del turismo e dell’ospitalità. Per l’industria metallurgica e tessile, insieme al settore dei media, fanalini di coda nelle trattative salariali, dovrebbero registrare anch’essi una robusta crescita dei salari nominati del circa il 2%.

La più forte perdita in 80 anni

Per gli economisti di Ubs, l’inflazione svizzera a fine anno si fermerà a quota 2,9%. Ciò significa che in media i salari reali avranno un potere d’acquisto ridotto dell’1,8%. Il calo più netto dal 1942. Tre aziende su quattro, tra quelle intervistate, stanno soddisfacendo la richiesta di compensazione salariale per compensare lo shock inflazionistico nelle trattative salariali di quest’anno. Tuttavia, solo il 20% la sta compensando completamente. Con un’inflazione del 2,1%, come previsto da UBS, i salari reali in media nel 2023 saranno probabilmente quasi stagnanti.

«È difficile che i dipendenti festeggino un aumento salariale di poco superiore al 2%, ben al di sotto degli attuali livelli di inflazione. Tuttavia, l’aumento contenuto dei salari dovrebbe aiutare a prevenire una spirale salari-prezzi ed è improbabile che alimenti ulteriormente l’inflazione», spiega Daniel Kalt, capo economista di Ubs

Per le aziende l’inflazione si calmerà

Per gli analisti, la moderazione adottata dalle aziende riflette un sentimento comune: si aspettano che l’inflazione si calmi l’anno prossimo. Dall’altro lato, il deterioramento delle prospettive economiche delle imprese impedisce una crescita salariale più sostenuta.
Altri paventano una situazione disastrosa sul fronte energetico, non tanto per questo 2022, ma quanto per il biennio 2023-24, dove anche l’economia svizzera mostrerà la sua fragilità. Nonostante le prospettive poco rosee, Ubs non prospetta una grave recessione. La pandemia da Covid-19 ha favorito diversi risparmi a cui le famiglie potrebbero ricorrere per fronteggiare il rincaro dei prezzi. In secondo luogo, il solido mercato del lavoro svizzero sostiene l’economia. Ubs prevede una crescita del Pil del 2,1% nel 2022 e dello 0,4% nel 2023. Tuttavia, l’economia svizzera potrebbe subire una forte contrazione in caso di carenza di energia.

Bns: focus sull’inflazione

Nella seconda metà del prossimo anno, la Banca nazionale svizzera (Bns) dovrebbe lasciare i tassi invariati a causa della moderazione dell’inflazione e del rallentamento dell’economia. Tuttavia, nel breve termine, la Bns rimane concentrata sull’inflazione, attualmente troppo alta, e si prevede che alzerà i tassi di riferimento all’1,5% fino a marzo 2023.

Mancano lavoratori

Oltre all’inflazione, le aziende devono affrontare anche la carenza di manodopera: quattro aziende su cinque hanno difficoltà a reclutare personale. Mentre nel 2016 solo il 17% degli intervistati ha dichiarato di avere problemi a coprire i posti vacanti in più di un settore aziendale su sei, questa cifra è salita al 50% nel 2022. «Non stiamo assistendo solo a una crescente carenza di personale specializzato, ma anche a una carenza della forza lavoro in generale», afferma Florian Germanier, economista di Ubs. La maggior parte delle aziende (63%) vede nel cambiamento demografico la ragione principale della crescente carenza di personale, il che significa che il reclutamento del personale rimarrà probabilmente una sfida continua. Quindi, mentre i salari reali sono sotto pressione nel breve periodo, si prevede che aumentino nel lungo periodo, man mano che la carenza di manodopera si aggrava

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