Stop agli assegni familiari, frontalieri nel caos: ecco chi li blocca e se può farlo

Sara Bracchetti

19/02/2022

19/02/2022 - 14:46

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L’introduzione dell’assegno unico in Italia fa sospendere l’erogazione degli importi finora ricevuti in Ticino: ogni cassa svizzera interpreta la normativa a suo piacere, negando il diritto anche quando c’è.

Stop agli assegni familiari, frontalieri nel caos: ecco chi li blocca e se può farlo

Dicono che la colpa sia di una legge dell’Italia, se all’inizio di quest’anno i frontalieri si sono visti annunciare la sospensione dell’erogazione degli assegni familiari in Svizzera. Chi ha ricevuto lettere con la semplice notifica di un fatto, chi è stato invitato a presentare, in patria, domanda per l’assegno unico che entra in vigore il primo marzo: 38mila persone, su 74mila che varcano il confine ogni giorno per lavoro, gettate nel caos e nella preoccupazione di dover rinunciare a 200 franchi a figlio, a causa di una normativa che lascia troppi dubbi, di chiarimenti che stentano a venire, di accordi fra Paesi che faticano a trovarsi. Anzi, proprio non si cercano. Così, dopo aver provato a farsi luce da sé, subissando i gruppi Facebook di messaggi quotidiani e richieste di consiglio a chi si trova nella stessa situazione di incertezza, i frontalieri hanno cominciato a domandare aiuto ai sindacati. Che aprono le braccia, sconsolati, incapaci di dare quel soccorso che dovrebbero.

La giungla delle casse di compensazione

"Il fatto è che la nuova normativa ha generato un cambiamento nei parametri di assegnazione degli importi - spiega Matteo Poretti, che si occupa della questione per Unia Regione Ticino, al fianco di Andrea Puglia di Ocst - In passato, il contributo italiano per i figli a carico era legato all’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. Con l’assegno unico questo vincolo decade: anche i lavoratori autonomi e chi è senza occupazione possono richiederlo. La Svizzera andrà poi a versare al marito o la moglie che hanno un impiego in Ticino l’eventuale differenza. Le casse di compensazione svizzere, che autorizzano il pagamento degli assegni ai salariati, vogliono ora sapere l’importo esatto che dovranno ancora rimborsare ai datori di lavoro". Ed è qui che comincia lo scompiglio. Perché, nel vuoto di evidenze, ciascuna fa come le piace. "E non parliamo di tre o quattro casse. Sono oltre un’ottantina".

Richieste di chiarimenti all’Inps: silenzio

Ecco, a questo punto, dove si sposta la colpa: riversandosi su chi si prende la libertà di interpretare il Family Act dell’Italia a proprio piacimento, approfittando della latitanza dell’Inps che poco collabora. "Abbiamo avuto proprio ieri un incontro, insieme ai sindacati italiani, e abbiamo presentato una richiesta dettagliata di chiarimenti da ottenere al più presto. Speriamo che l’Inps metta dei paletti precisi". Il rischio che però non si riesca a fare in fretta resta altissimo. "Se penso che sto seguendo il caso di persone che attendono gli assegni familiari da un paio d’anni... non li hanno ancora ricevuti perché l’Istituto di previdenza italiano non ha dato le risposte di cui il Cantone ha bisogno", continua Poretti, che però, stavolta, non attribuisce ogni responsabilità all’Italia solo. "Sono le casse che, al momento, prendono decisioni. Dovrebbero limitarsi ad applicare la legge, ma siamo in una zona grigia, a cavallo di due Paesi che hanno una legislazione diversa. Così, c’è chi pretende che il lavoratore faccia prima richiesta in Italia, pena la sospensione degli assegni in Svizzera. Legalmente, non si potrebbe, ma al momento sono loro ad avere il coltello dalla parte del manico".

Il paradosso: assegni negati qua e là

Anche là dove la maniera di procedere, caso fortuito, è limpida, si creano paradossi. "Pensiamo a genitori che lavorano entrambi in Svizzera. Da sempre vale il principio che l’assegno per i figli è legato al luogo di lavoro, quindi in questo caso dubbio non ci dovrebbe essere. Eppure ci siamo appena occupati di due coniugi ai quali la cassa ha sospeso gli assegni, dicendo loro che d’ora in poi dovranno fare riferimento all’Italia. Come sindacato, siamo pronti alla battaglia legale".

50 euro per mettere a tacere la Svizzera

Altre volte, invece, il consiglio è più ponderato: scendere a patti, presentare la richiesta senza certificazione Isee, che dà diritto d’ufficio a 50 euro a figlio minorenne, e ricevere dalla Svizzera la differenza. "Alla peggio, dico di fare così. Così qui le casse non hanno più argomenti". Non è esattamente quel che è giusto, ma serve a non sprecare troppo tempo. "Perché prima o poi le cose si sistemeranno. Nessuno perderà alcun diritto, se lo ha, e il pagamento resta retroattivo. Ma, oltre al come, mi domando: quando?".

Il caso virtuoso della cassa pubblica Ias

Così, ai frontalieri non resta che appellarsi alla fortuna di capitare con casse più ragionevoli di altre, e che non cerchino lo scontro indispettito con l’Italia. L’Istituto delle assicurazioni sociali (Ias), cassa pubblica che raccoglie la maggioranza dei lavoratori di nazionalità italiana, ha individuato delle eccezioni bene definite. Confermerà per esempio l’importo intero dell’assegno a due genitori che lavorano in Ticino, così come alle famiglie dove l’altro coniuge è inoccupato: nessun obbligo di inoltrare richieste in Italia. Per gli altri, attende invece l’Inps e il modello E411, formulario di revisione necessario ad attestare la propria condizione. "È la cassa che sta facendo scuola, comportandosi in maniera più virtuosa. Anche la Consimo, dedita all’edilizia, ha adottato gli stessi principi. Ma non si sa bene che cosa faranno le altre. Visto che la cassa cui appoggiarsi è decisa dal datore di lavoro, io dico che i datori di lavoro dovrebbero giocare d’anticipo: contattarle, informarsi su come intendono procedere, così da tutelare i propri dipendenti".

La zona grigia: divorziati e coppie di fatto

Nei limiti del possibile, almeno: perché, se la storia già così è parecchio complicata, quando poi la si allarga a figli di coppie separate o di fatto diventa un vero e proprio ginepraio. Sposati, divorziati, partner senza vincolo di matrimonio: nel momento in cui si prova a destreggiarsi fra le definizioni varie di famiglia, la confusione regna. "In questo caso la zona grigia si fa ancora più grigia. Per i coniugi dovrebbe essere più facile venirne a capo: in fondo, sulla carta si applica ancora la prassi prevista dagli accordi bilaterali, con obbligo di fare richiesta degli assegni in Italia se uno dei due genitori lì lavora. Il problema nasce dal fatto che ora alcune casse di compensazione si sentono autorizzate a fregarsene e a pretenderlo invece da tutti".

Modello E411 e gente che incrocia le dita

Che si fa? Si sta a guardare e a sperare. Si attende l’Inps, con l’auspicio che, oltre a fornire i famosi chiarimenti, prima o poi accetti di rendere più snella la procedura e il dialogo fra Stati. "Sarebbe bello se i funzionari svizzeri potessero accedere direttamente alla banca dati, invece di costringere i lavoratori a compilare moduli da spedire e restituire". Per quest’anno ancora va così; presumibilmente, per molti altri ancora. La trafila è di nuovo cominciata; online i frontalieri chiacchierano, si scambiano pareri, dicono la loro e quello che sono convinti di sapere. E si rassegnano. C’è da rivalutare la posizione di tutti, e son decine di migliaia. Per sapere chi è dentro e chi è fuori questa volta, come minimo, ci sarà da aspettare un più di più.

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