Il Certificato COVID per andare a lavoro è discriminatorio?

Gabriele Stentella

21 Luglio 2021 - 10:53

condividi
Facebook
twitter whatsapp

L’idea di una certificazione COVID valida per recarsi sul posto di lavoro sta prendendo sempre più piede, ma c’è il rischio che possa rappresentare una forma di discriminazione?

In Svizzera e nel resto d’Europa sono già richieste delle certificazioni COVID per prendere parte a numerose attività. Negli ultimi giorni sta facendo molto discutere la proposta avanzata da personalità del mondo scientifico e imprenditoriale sulla possibilità di richiedere una certificazione COVID anche per accedere ai luoghi di lavoro.

Questa certificazione avrebbe il compito di assicurare al datore di lavoro l’avvenuta vaccinazione dei suoi dipendenti, al fine di scongiurare cluster nelle aziende, specie se di notevoli dimensioni.

Un certificato di questo tipo corre il rischio di essere reputato discriminatorio? Andiamo a vedere più da vicino il parere degli esperti in merito.

Certificato COVID anche sul posto di lavoro

La prima ad aprire all’ipotesi di certificazione COVID per il luogo di lavoro è stata la vicepresidente della task force Dr.ssa Samira Hurst , la quale ha sottolineato che in un futuro ipotetico potrebbero verificarsi forti aumenti di ospedalizzazioni dovute alla COVID-19. Per Hurst l’introduzione di un certificato lavorativo dovrebbe essere considerato anche come incentivo alla vaccinazione, che nel nostro paese è ancora ben lontana dal traguardo fissato per l’immunità completa.

Anche il Presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori Dr. Valentin Vogt sembra sposare la linea di Samira Hurst, asserendo che i datori di lavoro dovrebbero riservare ai dipendenti già vaccinati una corsia preferenziale, sollevandoli per esempio dall’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi.

Un certificato di questo tipo potrebbe essere discriminatorio?

Già non mancano le argomentazioni a favore o contro la presunta funzione discriminatoria che tale certificazione potrebbe rappresentare per quei dipendenti che non hanno voluto (o non hanno potuto) vaccinarsi.

Secondo il Dr. Marcel Tanner questo certificato non rappresenta una forma di discriminazione in quanto sarà il datore di lavoro a valutare la sua introduzione sulla base delle dinamiche aziendali. Ne segue che non in tutte le aziende potrebbe essere richiesto ai dipendenti. Tanner ha anche evidenziato il fatto che la separazione tra individui vaccinati e non vaccinati sarebbe comunque giustificata alla luce di una situazione epidemiologica grave, qualora ovviamente si presentasse.

Non sono dello stesso parere personalità come il direttore dello Swiss Tropical and Public Health Institute Dr. Jürg Utzinger, il quale asserisce che in molte realtà aziendali i comuni sistemi di protezione contro i contagi hanno già dimostrato un’efficacia soddisfacente. Oltretutto Utzinger pone l’attenzione sul fatto che non sia sempre possibile fare una separazione tra dipendenti vaccinati e non vaccinati su luoghi di lavoro.

Di questo parere p anche il direttore della Camera di Commercio ticinese Dr. Luca Albertoni, secondo il quale esistono evidenze scientifiche circa la scarsa incidenza dei contagi avvenuti sui luoghi di lavoro.

Iscriviti alla newsletter