Referendum cantonale del 15 maggio. Al voto il decreto taglia spese

Chiara De Carli

12/05/2022

12/05/2022 - 14:23

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Il popolo dovrà esprimersi sul Decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico del Canton Ticino. Ecco i dettagli.

Referendum cantonale del 15 maggio. Al voto il decreto taglia spese

Domenica 15 maggio oltre al referendum federale riguardante la modifica alla legge Netflix, donazione di organi e Frontex, si vota anche per il Cantone. La posta al voto il Decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico del Cantone entro il 31 dicembre 2025 con misure di contenimento della spesa e senza riversamento sui Comuni.

Pandemia e deficit finanziario

La misura è stata adottata il 19 ottobre 2021 dal Gran Consiglio, alla luce del deficit finanziario accumulato dallo Stato causato dall’avvento della pandemia. Nel corso degli anni, la situazione economica del Cantone era migliorata progressivamente, passando da un deficit di 178 milioni di franchi nel 2013 a un utile di 80 milioni nel 2017, 137 milioni nel 2018 e 60 milioni nel 2019. Un andamento al rialzo interrotto dalle chiusure avvenute nei primi mesi del 2020, anno in cui il consuntivo è sprofondato a quota -165 milioni di franchi. Seguito da -115 milioni (2021) e -135 milioni previsti per il 2022. Una situazione che ancora oggi desta incertezza e che crea timori per gli anni a venire.

Quesito votazione popolare

Al popolo quindi sarà chiesto: “Volete accettare il decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico entro il 31 dicembre 2025 con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni?”

Qual è l’obiettivo del decreto legislativo?

Il suo scopo consiste nel raggiungere il pareggio economico dello Stato entro il 2025. E deve essere ottenuto rispettando alcune condizioni:

  • le imposte non devono essere aumentate;
  • le misure devono essere prioritariamente di contenimento della spesa.
    In particolare, le voci contabili di spesa da ridurre riguardano:
  • il personale (stipendi, oneri sociali e in genere tutte le spese legate al personale);
  • i beni e i servizi (spese di funzionamento dell’amministrazione cantonale e delle diverse autorità; tra queste spese rientrano, per esempio, i costi per materiali di consumo, i costi legati agli edifici cantonali tra i quali quelli di manutenzione ed energia, la manutenzione delle strade, le prestazioni di servizio, le indennità e altre spese d’esercizio);
  • le spese di trasferimento (prestazioni sociali, contributi e sussidi a enti pubblici e a terzi che adempiono, in tutto o in parte, un compito di interesse pubblico;
  • spese legate alla perequazione finanziaria e compensazione degli oneri, ammortamenti di contributi agli investimenti e altre spese di riversamento, come la ridistribuzione di proventi da tasse e tributi ai Comuni); le riduzioni di spesa di questa voce devono essere effettuate senza incidere sui sussidi alle persone meno abbienti;
  • non devono avere luogo riversamenti di oneri finanziari netti verso i Comuni;
  • gli accordi già in discussione tra il Cantone e i Comuni non possono essere toccati.

Sul fronte del “no”

Il referendum è stato chiesto da 21 associazioni, sindacati e partiti. A rischio secondo gli enti i tagli su case anziani, cure a domicilio, ospedali e strutture sociali. Stando al comitato referendario la modifica comporterebbe peggioramenti a scuola, cultura, formazione e ricerca universitaria con degrado di servizi fondamentali come giustizia, sicurezza, trasporti pubblici e protezione dell’ambiente.
Stando a quando sostenuto dalla parte, “escludere ogni aumento delle entrate, come fa il decreto referendario, è ingiusto, perché ai ricchi non sarà chiesto nulla, mentre tutti i sacrifici peseranno sulla maggioranza dei Ticinesi”. Infine i fautori del “no” ricordano che il disavanzo cantonale non è colpa solamente della crescita delle spese, ma anche dei buchi lasciati dagli sgravi fiscali “senza rete” degli ultimi 25 anni, pari a 300-400 milioni di franchi di minori entrate annue.

Studio dell’Usi

Inoltre sottolineano che nel rapporto sulle finanze pubbliche dell’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera Italiana vengono date interessanti indicazioni sulla spesa cantonale e comunale rispetto agli altri Cantoni e al prodotto interno lordo: i dati relativi al 2017 mostrano che il Ticino ha spese complessive cantonali e comunali sotto la media svizzera. Le spese sociali sono in media svizzera, tranne in due ambiti dove si giustifica un maggior intervento pubblico in Ticino:

  • i sussidi per ridurre i premi pagati dagli assicurati alle casse malati (riconducibili ai salari più bassi);
  • le spese sociosanitarie (dovute alla quota maggiore di ultrasessantacinquenni).
  • In altri settori, come la scuola e la politica dell’alloggio, il Ticino spende meno della media svizzera.

Sul fronte del “Sì’

Secondo il Gran Consiglio il “decreto per il risanamento dei conti”, votato a maggioranza, non taglierebbe alcuna spesa e non ridurrebbe alcun aiuto rispetto a quanto in vigore oggi con le attuali leggi. La proposta in votazione mira, invece, a contenere la crescita delle uscite dello Stato, frenando l’aumento della spesa da qui al 2025. Lo scopo del decreto è quello di imporre una virtuosa disciplina finanziaria sia al Consiglio di Stato sia al Gran Consiglio.
Si tratta di fissare per legge che il pareggio dei conti:

  • venga ottenuto entro la fine del 2025;
  • sia raggiunto agendo prioritariamente sulla crescita della spesa;
  • non sia ottenuto aumentando le imposte e le tasse;
  • non comporti riversamenti di costi sui Comuni.

Preoccupano le casse dello Stato

Quello che preoccupa il Gran Consiglio sono le finanze cantonali che per i prossimi anni presenteranno deficit importanti e costanti attorno ai 100-150 milioni di franchi all’anno. Un debito pubblico che sarà a carico dei Ticinesi, ma soprattutto delle nuove generazioni e sfiorerà i 3 miliardi di franchi. Secondo i fautori del Sì, non intervenendo sulla manovra aumenteranno imposte che andranno a pesare su ceto medio e piccole e medie imprese. In questo modo per pianeggiare i conti, senza contenimenti di spesa, stimano la necessità di un aumento medio di imposte attorno al 15-20% per tutti, peggiorando la debole competitività fiscale del Ticino già di per sé debole rispetto agli altri Cantoni. Non dando indicazione al Governo e al Parlamento su quali spese e in che ordine di grandezza intervenire, il decreto non implica tagli drastici a socialità, educazione, ricerca o agli investimenti. Le scelte saranno compiute in relazione al processo decisionale del Consiglio di Stato e, laddove necessario e possibile, del Gran Consiglio. Sottolineano infine che: “L’obiettivo di conti pubblici sani è raggiungibile senza sacrifici insopportabili per l’amministrazione (agendo sui costi di funzionamento dello Stato) e garantendo la continuità delle prestazioni e dei servizi pubblici di qualità, senza intaccare gli aiuti ai più bisognosi”.

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