Quello che inizialmente pareva uno sbaglio o un refuso è stato approvato dalla maggioranza del Senato italiano.
Dopo l’approvazione giunta nei giorni scorsi da parte della Camera, oggi pomeriggio è arrivato l’ok anche dal Senato italiano. Il telelavoro dei frontalieri è stato prorogato ufficialmente al 31 dicembre 2023. ma con una limitazione: sarà consentito "ai soli lavoratori frontalieri che alla data del 31 marzo 2022 svolgevano la loro attività lavorativa in modalità di telelavoro", si legge nell’emendamento.
Una decisione che già nei giorni scorsi aveva agitato le acque delle associazioni di categoria e dei sindacati ticinesi e di oltre confine. Andrea Puglia, responsabile frontalieri in seno al sindacato OCST, aveva infatti dichiarato al quotidiano locale la Provincia di Como, che «per come è stato scritto l’emendamento, formalmente questa deroga varrà solo per quei frontalieri che erano in telelavoro al 31 marzo 2022».
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La questione è stata confermata oggi dal senatore varesino del Pd Alessandro Alfieri a Varesenews: «E’ appena stata approvata definitivamente la proroga fino al 31 dicembre delle condizioni affinché i lavoratori frontalieri possano usufruire dello smart working senza penalizzazione fiscali e contributive. Purtroppo la maggioranza ha limitato questa possibilità a coloro che già usufruivano del telelavoro al 31 marzo 2022. Una decisione inopportuna visto che l’emergenza Covid ha inciso profondamente nelle modalità di organizzazione del lavoro, soprattutto in alcuni settori professionali. Motivo per cui ho presentato una proposta di estensione di questa opportunità a tutti i lavoratori frontalieri in attesa che si arrivi ad approvare un accordo strutturale sul telelavoro tra Italia e Svizzera. Su questo staremo col fiato sul collo del ministro Giorgetti e della maggioranza che purtroppo su questo tema stanno procedendo molto a rilento».
Insomma, il "refuso" pare proprio essersi trasformato in un pasticcio che potremmo definire, ancora una volta, all’italiana.
L’Italia non aderisce ai regolamenti europei
Con questo emendamento, la percentuale lavorabile dalla residenza italiana sale al 40% e sarà retroattivo al 1° luglio. Ma attenzione, solo per quanto concerne l’assoggettamento fiscale. Sul piano previdenziale, infatti, l’Italia non ha ancora aderito ai nuovi regolamenti dell’Unione Europea. Per questo, a livello di Inps, il tetto rimarrà del 24,99%.
A quando l’accordo definitivo?
Ora il prossimo obiettivo sarà quello di trovare un accordo definitivo tra Italia e Svizzera e soprattutto che non faccia differenza tra chi ha lavorato da remoto durante la pandemia o chi, per esempio, è stato assunto a posteriori.
Un’aspettativa forse vana, perché se è vero che la storia si ripete, a fine anno non si avrà nemmeno una traccia della nuova intesa.
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