Cittadinanza svizzera dopo 5 anni di residenza? I commenti di Lorenzo Quadri e Laura Riget

Chiara De Carli

25/05/2023

25/05/2023 - 17:47

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Negli scorsi giorni, è stata lanciata un’iniziativa «Per un diritto di cittadinanza moderno» con lo scopo di rendere più snello e veloce il processo di naturalizzazione per gli stranieri.

Cittadinanza svizzera dopo 5 anni di residenza? I commenti di Lorenzo Quadri e Laura Riget

Potrebbero bastare 5 anni di residenza in Svizzera, la conoscenza di base di una lingua nazionale e la fedina penale pressoché intonsa, per ottenere in futuro la tanto ambita cittadinanza elvetica.
Una bella differenza, rispetto al procedimento complicato a cui gli stranieri sono costretti a sottostare per ottenerla attualmente. Oggigiorno, infatti, viene richiesto ai titolari di permesso di domicilio C di aver vissuto nella Confederazione per almeno dieci anni, tre dei quali nell’ultimo lustro. Non è semplice, seppur agevolata, nemmeno per i coniugi di cittadini svizzeri. Non automatica per i figli gli stranieri che vi risiedono da anni. Per questo è stata lanciata un’iniziativa «Per un diritto di cittadinanza moderno».
Abbiamo chiesto ad alcuni esponenti della politica ticinese il loro parere.

Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi

«Trovo l’iniziativa del tutto inaccettabile - commenta Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi. Essa chiede che, dopo cinque anni di residenza legale in Svizzera – il che non significa solo permesso C, ma anche B e in teoria include anche i richiedenti l’asilo ammessi provvisoriamente – uno straniero possa chiedere la naturalizzazione e riceverla automaticamente, a meno che sia stato condannato ad una pena detentiva di lunga durata e a patto che presenti conoscenze di base di una lingua nazionale, non necessariamente quella del posto in cui vive».
Per Quadri è chiaramente una proposta inammissibile, tanto è vero che il futuro lo prospetta con «Cittadini stranieri non integrati e non integrabili, a carico dello stato sociale ed anche delinquenti, con condanne non ancora cresciute in giudicato, avrebbero il diritto di diventare, in automatico, dei cittadini svizzeri. Si tratta dell’ennesima vergognosa proposta della sinistra rossoverde – basta guardare la composizione del comitato promotore – mirata alla svendita della cittadinanza svizzera. Oltretutto, i politici federali presenti nel comitato d’iniziativa hanno praticamente tutti la doppia cittadinanza, il che qualche domanda la pone».
Per il consigliere nazionale attualmente la procedura di acquisizione della cittadinanza elvetica, è già fin troppo facile. «Sono contrario a qualsiasi ulteriore agevolazione ed anzi ritengo sarebbero necessari degli inasprimenti. Ribadisco che la concessione del passaporto rosso è e rimane un atto politico; in nessun caso può essere degradato ad automatismo amministrativo».

Laura Riget, copresidente PS

«La Svizzera è ancora uno dei Paesi europei dove è complicato diventare svizzeri. Noi siamo dell’avviso che le persone che vivono nella Confederazione e che non hanno ancora il passaporto devono essere accolte e sostenute e non discriminate o marginalizzate. Per questo motivo è importante che siano invitate a diventare cittadine e cittadini svizzeri. Di fatto oggi un quarto della popolazione non ha diritto di voto e questo è un pessimo segno per la nostra democrazia».
Oggi ancora criteri e costi per la naturalizzazione sono soggettivi, variabili da Cantone a Cantone, ma anche da comune a comune, precisa Riget. «Ci sembra quindi più che urgente trovare un modello di procedura di naturalizzazione a livello nazionale semplificata e uniforme e a buon mercato, basata su dei criteri oggettivi e non più su domande obsolete e arbitrarie».
Tempo fa, era stata già presentata un’iniziativa parlamentare dal «nostro gruppo Parlamentare alle Camere federali», lo scopo «richiedere una procedura di naturalizzazione centralizzata a livello federale a cui, purtroppo, il Consiglio nazionale non ha dato seguito e una mozione per introdurre lo “ius soli” anche in Svizzera, anch’essa respinta».

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