Fallimento Silicon Valley Bank, quali conseguenze per la Svizzera? Il commento di Barone Adesi e Gianti

Chiara De Carli

14 Marzo 2023 - 09:00

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I primi colpi di coda si iniziano a vedere anche in Svizzera, nella giornata di oggi le quotazioni dei principali istituti bancari elvetici hanno subito delle perdite.

Fallimento Silicon Valley Bank, quali conseguenze per la Svizzera? Il commento di Barone Adesi e Gianti

Era stata fondata nel 1983 a Santa Clara, in California e poco dopo era diventata una delle principali banche della Silicon Valley. Stiamo parlando della Silicon Valley Bank (Svb) che settimana scorsa è fallita, rendendo necessario l’intervento da parte del governo degli Stati Uniti. Una vicenda che riporta subito alla memoria il più grande fallimento della storia finanziaria americana, quando la bancarotta di Lehman Brothers fece precipitare nel panico le borse mondiali con effetti devastanti sull’intero sistema economico-finanziario mondiale. L’intervento del governo americano, stabilito domenica, garantisce il rimborso dei depositi, contribuendo a tutelare la fiducia da parte degli investitori, per una banca che solamente un anno fa, aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari.
Ma quali sono le conseguenze sul mercato svizzero?
Al momento sono «indirette», spiega il professore ordinario di teoria finanziaria alla facoltà di Scienze economiche all’Università della Svizzera italiana (Usi), Giovanni Barone Adesi. «Questi episodi negli Stati Uniti hanno messo in evidenza la fine dell’epoca nella quale si potevano finanziare degli investimenti rischiosi a costo zero, perché i tassi di interesse erano a zero e c’era liquidità per tutti». Un’epoca finita che porterà anche in Svizzera «gli operatori più propensi ad assumere rischi, a un ridimensionamento delle loro attività».

Titoli delle banche svizzere in perdita

I primi effetti tuttavia si possono toccare già negli scambi di questa mattina, anche sulla piazza di Zurigo. Un esempio su tutti Credit Suisse che ha trascinato al ribasso il listino SMI, toccando un nuovo minimo storico, giù del 14%. «Il programma di ristrutturazione di Credit Suisse - continua il professore dell’Usi - prevede la cessione di alcune delle attività più rischiose come il settore della Investment Bank. In questo contesto diventa meno appettibile e gli investitori scontano il fatto che il programma di ristrutturazione del Credito Svizzero incontrerà maggiori difficoltà e realizzerà delle cifre inferiori al preventivo». Ma il problema non è isolato: anche per UBS non è stata una bella giornata, così come per Swissquote, in perdita rispettivamente del 7,22% e del 5,80%. «La situazione è data da dieci anni di tassi zero e da un brusco rialzo che ha trovato molti operatori impreparati».

Sistema bancario svizzero è solido

«In generale la sorveglianza bancaria in Svizzera e nell’Unione europea è migliore di quanto sia in America. Negli Usa è eccessivamente politicizzata. Esiste un problema organico, dovuto al fatto che abbiamo tenuto i tassi di interesse a zero o negativi per dieci anni. Quindi adesso questo aumento dei tassi in Europa e in Svizzera può rendere incerta la prospettiva di alcune delle posizioni più difficili, come appunto il Credit Suisse che però non credo sia ancora a rischio fallimento. Anche perché la banca svizzera (non il gruppo) è garantito dalla Confederazione. Certamente gli investitori nel valutare i titoli del Credito Svizzero tengono conto di tutti questi fattori e l’abbassano di valore. Credo che i depositi possano stare tranquilli».

Situazione da tenere sotto controllo

Il fallimento di Svb rappresenta un primo campanello di allarme? «Il problema - chiosa Barone-Adesi - è che nei mercati finanziari, il primo campanello d’allarme è anche l’ultimo. Bisogna muoversi in fretta. Negli Usa hanno già preso dei provvedimenti eccezionali, anche se pare non saranno sufficienti».
Tuttavia, è ancora presto per dire se ci troviamo di fronte agli albori di una crisi finanziaria alla stregua di quella del 2008. Crisi che per il professore di teoria finanziaria poteva essere evitata anche allora. «La lezione è che costa meno salvare le banche piuttosto che farle fallire. Ma non so quanto l’idea sia stata recepita. Adesso la Federal Reserve ha pensato ad un piano che aiuta molti istituti, ma non li salva. Bisogna vedere i mercati come reagiranno, se gli investitori pensano che le misure sono sufficienti o ne sono necessarie di più forti».

Episodio analogo al salvataggio di Bear Stearns

Tornando al 2008, sei mesi prima del 15 settembre 2008, la Bear Stearns venne salvata con i soldi federali da JP Morgan. Per Stefano Gianti education manager per Swissquote Bank, il punto è proprio questo «e andrà tenuto in considerazione per il 2023. Coincidenza vuole che siamo proprio a marzo». «Quelli che falliscono prima sono i vincitori, perché rilevano per primi i problemi e tempestivamente vengono salvati. Sei mesi dopo Bear Stearns, Lehman Brothers venne lasciata naufragare». La domanda che ossessiona gli investitori ora è proprio questa: che cosa accadrà tra sei mesi?
«Rispetto al 2008 - aggiunge - sono però cambiati i requisiti di solvibilità per le grandi banche. È diversa anche la tempestività con cui intervengono Federal Reserve e Governo. In questo caso già nel fine settimana sono corsi al riparo realizzando il Bank Term Funding Program (Btfp), volto a fornire liquidità alle banche. A mio avviso ci potranno essere aste di liquidità per sostenerne la circolazione agli istituti nel brevissimo periodo».

A pagarne le conseguenze saranno le startup

Il fallimento di Sbv apre poi ad altre questioni. Si tratta infatti di una delle più importanti banche statunitensi attive nel settore delle startup tecnologiche. Per questo «bisogna fare riferimento al settore tecnologico e quindi al Nasdaq», spiega Gianti. «Già da diverso tempo, Nasdaq sta sotto-performando rispetto a S&P, cosa a cui non eravamo abituati. Negli ultimi cinque anni S&P è cresciuto del 44%, Nasdaq del 67%, dunque il 50% in più rispetto a S&P. Nell’ultimo anno, invece, S&P è calato dell’8% e Nasdaq del 13%, divario che si amplificherà nei prossimi giorni». Con il fallimento di Svb l’incertezza dilagante attorno al settore tecnologico e delle startup è ancora più marcata. «Esattamente un anno fa la Fed iniziava ad aumentare i tassi di interesse, ponendo fine alla liquidità a tassi zero. Fenomeno che ha fatto soffrire maggiormente le startup». Tra i clienti della Silicon Valley Bank, non ci sono solo startup statunitensi ma anche cinesi: «Anche in Cina ci saranno dei progetti che non proseguiranno. Di conseguenza nelle due nazioni lo sviluppo tecnologico sarà limitato. Ad ogni modo i progetti buoni rimarranno. Sappiamo che il Nasdaq è sostenuto da poche grandi aziende».

Mosse di governo e Fed assicurano la liquidità

Domenica in una nota congiunta, il Tesoro, la Fdic e la Fed hanno annunciato che tutti i depositi di Svb saranno disponibili da lunedì, anche quelli sopra i 250 mila dollari assicurati dalla Federal Deposit Insurance Corp. La Banca centrale ha poi detto che mette a disposizione una nuova finestra di liquidità per aiutare le banche a rispondere alle richieste dei clienti in caso di fuga. «La creazione del Btfp e tutto il sostegno che arriverà dalla Federal Reserve - continua nell’analisi Gianti - serve per sostenere il mercato della liquidità e quindi la fiducia degli investitori. Tuttavia mi ha colpito il crollo del Treasury a 2 anni, che ha perso 800 punti base negli ultimi tre giorni».

Cosa farà adesso la Fed?

«La situazione è cambiata velocemente. Fino a qualche giorno fa si pensava che la Fed potesse aumentare il tasso guida di 25 pb, poi con gli ottimi dati relativi al mercato del lavoro Usa quotavano un incremento di 50 pb. Ora si ventila per la prima opzione. Tuttavia la Fed pare stia valutando attentamente se aumentare o meno i tassi. Credo che per motivi di credibilità e di lotta contro l’inflazione dovranno procedere con l’aumento dei tassi di 25 punti base nella riunione in programma per settimana prossima».

Di quanto aumenterà i tassi la Fed a marzo?

Per Baroni Adesi, la Fed dovrebbe valutare una pausa: «La prudenza vorrebbe che almeno si fermassero per riflettere. In Gran Bretagna, quando a novembre stavano per saltare i fondi pensione, la Bank of England ha optato per una pausa, dando liquidità al sistema e spiegando che sarebbe stata una misura temporanea. Alle istituzioni finanziarie veniva concesso un periodo di tempo per sistemare i loro conti, evitando disastri maggiori. La Fed dunque dovrà inventarsi qualcosa del genere. Questa notte ha già fatto molto, ma credo non abbia coperto le situazioni peggiori. Se votassi io, sosterrei che è tempo di riposarsi. Ma non so cosa faranno».

Silvergate ha chiuso i battenti, un evento correlato

Giovedì oltre al crack della banca delle startup, gli eventi hanno portato alla ribalta la chiusura di Silvegate, la banca delle criptovalute.
«Il settore cripto - commenta Gianti - è da paragonarsi alle startup: le criptovalute sono delle società che creano dei nuovi progetti ed emettono un token che sono delle valute. Paragonerei questi token e il loro andamento, a quello delle azioni. Tutto quello che ho anticipato poco prima riguardo a questi nuovi progetti, va applicato al settore delle criptovalute. In particolare va detto che Block 5, Circle e altre, hanno esposizioni su Silicon Valley Bank, dunque è sempre tutto legato alla liquidità».

Concorda anche Barone Adesi

La questione è la stessa anche per il professore dell’Usi: «Una volta che alcuni investitori in criptovalute vogliono ritirare i loro fondi, gli asset digitali devono vendere parte dei loro depositi e devono essere ritirati da queste banche che a loro volta diventano più deboli. Significa che compromettono la solidità e l’attività in criptovalute residue, specie delle stablecoin che devono sempre avere un controvalore garantito. I soldi messi in deposito, per garantire la criptovaluta, sono stati investiti in obbligazioni del tesoro a 30 anni, che hanno perso un 20-30%. È chiaro dunque che i fondi non sono più sufficienti per rimborsare pienamente le stablecoin. A quel punto si scatena la corsa a chi riesce a riscattare per primo il pagamento».

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