Le tensioni geopolitiche mettono a dura prova le imprese svizzere, ma si intravedono anche nuove opportunità. Lo studio

Matteo Casari

2 Febbraio 2023 - 14:33

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Credit Suisse ha pubblicato lo studio PMI 2023: «Tensioni geopolitiche: una sfida per le aziende svizzere».

Le tensioni geopolitiche mettono a dura prova le imprese svizzere, ma si intravedono anche nuove opportunità. Lo studio

Gli economisti di Credit Suisse hanno pubblicato oggi lo studio «Tensioni geopolitiche: una sfida per le aziende svizzere». Da un sondaggio condotto tra 650 imprese emerge come una netta maggioranza avverta gli effetti dei mutevoli equilibri geopolitici: barriere non solo tariffarie, aumento delle normative e dei rischi commerciali, nonché restrizioni alla cooperazione transfrontaliera.
Per far fronte a queste sfide, le aziende implementano, tra le altre cose, adeguamenti alle catene di creazione del valore, misure contro l’aumento dei prezzi dei fattori di produzione e strategie per ridurre al minimo i rischi di reputazione.

Lo studio sulle imprese svizzere

Quando la guerra in Ucraina è iniziata nella primavera del 2022, il mondo era già dominato da tensioni. Con la crisi finanziaria globale e la pandemia erano già emerse le crepe di un ordine mondiale basato su mercati aperti e rafforzamento dei rapporti commerciali. Data l’importanza delle relazioni internazionali per l’economia svizzera, nello studio pubblicato oggi gli economisti di Credit Suisse si sono chiesti come le aziende stiano affrontando questa fase di grandi turbolenze. L’analisi si basa su un sondaggio condotto tra 650 imprese svizzere. Per poter formulare affermazioni in merito alle diverse categorie di grandezza delle aziende, lo studio sulle PMI di quest’anno, oltre alle piccole e medie imprese, ha intervistato anche 50 grandi imprese.

Contesto difficile per le relazioni commerciali

Come emerge dal sondaggio, le tensioni geopolitiche si fanno sentire nella quotidianità aziendale: negli ultimi tre anni le imprese svizzere hanno infatti constatato un aumento dei rischi commerciali. La situazione è peggiorata con particolare riferimento a Russia e Ucraina, ma anche con Argentina, Iran e Nuova Zelanda i rischi commerciali superano le opportunità.
Non sorprende che la lista dei Paesi con i quali le imprese svizzere hanno interrotto i rapporti negli ultimi tre anni sia guidata proprio dalla Russia: circa il 6% di tutte le aziende intervistate ha abbandonato questo Paese – per le grandi aziende la quota è addirittura del 24%. Ma proprio tra queste ultime si possono individuare già alcune realtà che prevedono di avviare (o riprendere) le attività in Russia.
Gli effetti delle tensioni geopolitiche, tuttavia, non si limitano affatto alle imprese con relazioni commerciali con Paesi ad alto rischio: circa il 40% delle imprese intervistate ha percepito reazioni negative da parte dei partner d’affari in seguito alla decisione della Svizzera di sostenere le sanzioni internazionali contro la Russia nella primavera del 2022. Il sondaggio evidenzia chiaramente quanto sia importante la neutralità del Paese per le aziende elvetiche: più di tre quarti delle imprese interpellate hanno dichiarato che è nel loro interesse mantenere la neutralità svizzera.

Diversi ostacoli mettono a dura prova le aziende

Oltre che le sanzioni, dazi doganali e altre barriere non tariffarie, come ad esempio disposizioni in materia di appalti pubblici o procedure di autorizzazione, penalizzano le imprese. Inoltre, il sondaggio evidenzia un aumento della densità normativa. Per le imprese intervistate, negli ultimi tre anni tale fenomeno riguarda soprattutto le normative nazionali e internazionali su ambiente (51%) e protezione dei dati (54%) a loro applicabili. Proprio le disposizioni in materia di ambiente sono oggetto di una profonda trasformazione, e l’Unione europea (UE) svolge in tale ambito un ruolo di primo piano: le imprese la cui attività è incentrata sui rapporti commerciali con l’UE hanno segnalato nel sondaggio un aumento della densità normativa più accentuato rispetto a quelle senza un focus principale sull’UE. Le misure di distorsione della concorrenza compromettono inoltre la cooperazione internazionale. Circa il 47% delle imprese ha constatato che negli ultimi tre anni lavorare con partner commerciali esteri è diventato più difficile.

Riflettori puntati sulla stabilità delle catene di creazione del valore

Le imprese svizzere rivalorizzano la stabilità delle catene di valore e adottano i necessari cambiamenti. Oltre ad aumentare le scorte (51% delle imprese interpellate), le aziende puntano a potenziare la resilienza anche orientandosi maggiormente su provider di fattori produttivi geograficamente più vicini (48%) e diversificando i fornitori (43%). Negli ultimi tre anni, quasi un’azienda su tre ha inoltre rimpatriato le proprie attività. Nel complesso, il sondaggio rileva una tendenza alla regionalizzazione.

Rincaro insostenibile per le aziende

Le crisi degli ultimi anni, i conseguenti adeguamenti lungo le catene di creazione del valore e le misure di distorsione della concorrenza non solo gravano sul commercio mondiale, ma generano anche un aumento dei prezzi. Dal sondaggio emerge che negli ultimi tre anni più dell’80% delle imprese interpellate ha dovuto affrontare un aumento dei costi di trasporto e dell’energia nonché dei prezzi delle materie prime.
Questo rincaro di ampia portata a medio o lungo termine non è sostenibile per le aziende. Non sorprende quindi che quasi il 90% delle imprese abbia cercato di porvi rimedio. Oltre la metà delle aziende interpellate ha trasferito i costi sui clienti. Altre risposte rilevate sono state l’utilizzo di rimpiazzi meno costosi (35%) o l’incremento della produttività (26%). Solo il 7% circa delle aziende intervistate ha preso invece in considerazione un ridimensionamento di prodotti o servizi per compensare l’aumento dei prezzi dei fattori produttivi (la cosiddetta «shrinkflation»).

Mantenere una buona reputazione

In un contesto geopolitico difficile aumentano anche i rischi di reputazione. Secondo il sondaggio, quasi un’azienda su cinque considera piuttosto o molto elevata la probabilità di essere bersaglio di critiche da parte dell’opinione pubblica a causa di un comportamento scorretto proprio o di un partner d’affari. Ciò comporta la necessità di destinare più tempo e denaro al monitoraggio e alla prevenzione di eventuali rischi di reputazione.
Infatti, chi viola l’obbligo di diligenza deve mettere in conto critiche o addirittura il boicottaggio dei propri prodotti e servizi. Come emerge dal sondaggio, il 19% delle aziende ritiene questo scenario probabile. Ma anche la divulgazione di informazioni sensibili, ad esempio attraverso un attacco informatico, può compromettere la reputazione dell’impresa.
Nel complesso, quasi un’impresa su tre ritiene che si tratti di un rischio piuttosto elevato. In tale contesto, non sorprende che circa l’83% delle imprese intervistate metta in atto misure volte a contrastare l’aumentato rischio di reputazione. Gli approcci più menzionati sono interventi di prevenzione degli attacchi informatici (41%) e l’adeguamento di prodotti e servizi per soddisfare le esigenze dei gruppi di interesse (38%).

Periodi turbolenti richiedono flessibilità

Con il rapido susseguirsi delle crisi, viene rivolta maggiore attenzione alla capacità di adattamento e reazione delle imprese svizzere in presenza di eventi imprevisti. Come emerge dal sondaggio, circa il 40% delle imprese ritiene di essere in una posizione buona o molto buona – e solo il 22% pensa il contrario.
Alla domanda riguardante gli ostacoli che limiterebbero un eventuale riorientamento dell’attività, circa il 70% delle imprese ha indicato risorse finanziarie o assenza di alternative e il 61% ha fatto riferimento alla mancanza di sostegno da parte dello Stato. Allo stesso tempo, tuttavia, quasi la metà delle imprese intervistate è convinta di poter contare sul sostegno statale in caso di crisi.
Se vi è sufficiente flessibilità, le crisi possono sempre rappresentare anche un’opportunità. Quasi il 60% delle imprese ha dichiarato che, malgrado le crisi degli ultimi tre anni, si sono aperti per loro anche nuovi settori di attività. Anche l’attuale crisi energetica può risultare propizia per le imprese svizzere: più della metà ritiene infatti che possa offrire un’occasione per operare in modo più sostenibile.

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