INTERVISTA Autunno, tempo di Covid: «Attenzione, nessuno è al sicuro. Neanche i vaccinati»

Sara Bracchetti

07/09/2022

10/11/2022 - 17:00

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In Ticino la copertura sfiora il 100%, ma non ci sono garanzie assolute: la malattia potrà essere ancora grave, spiega il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini. Ecco che cosa dobbiamo aspettarci, anche sui fronti vaiolo delle scimmie e zanzare del Nilo.

INTERVISTA Autunno, tempo di Covid: «Attenzione, nessuno è al sicuro. Neanche i vaccinati»

Prima regola: nessuno si senta sicuro. Neanche se è vaccinato; neanche se si vaccinerà ancora, con il nuovo «Spikevax Bivalent Original/Omicron (mRNA-1273.214)» appena omologato da Swissmedic. Perché il Covid resta un enigma relativo, ogni volta una sorpresa in concomitanza con l’autunno e le temperature che si abbassano. Certo la situazione non sarà mai più quella del 2020, riflette il farmacista cantonale dottor Giovan Maria Zanini, ricordando il tempo in cui il Coronavirus non aveva ancora un nome e quello che avrebbe portato era più o meno un triste mistero. Ma non c’è equivoco che tenga: nessun farmaco usato per contrastarlo, e i vaccini che ne sono via via venuti, hanno sconfitto la malattia. «Possiamo parlare di riduzione, non di eliminazione», dice Zanini senza disfattismo, precisando però che «i decorsi gravi sono sempre possibili, anche in soggetti vaccinati».

Dunque che fare: non ci resta che vaccinarci ancora?
«Siamo partiti dal presupposto che in autunno avremmo dovuto offrire una nuova vaccinazione. Gli scenari ipotizzati erano diversi. Quello attualmente più probabile è l’avvio di una campagna di vaccinazione che utilizzerà il vaccino bivalente appena omologato, aggiornato alle varianti. Mi spiego: il vaccino con cui abbiamo lavorato per un anno e nove mesi era costruito per dirigersi contro le varianti del virus Wuhan. Poi è arrivato un numero consistente di varianti, di cui abbiamo imparato a conoscere Omicron e, ora, le sottovarianti Ba.4 e Ba.5. Il vaccino bivalente è progettato per orientarsi sul ceppo di Wuhan e sulla variante Ba.1 di Omicron».

Tutti pronti: quando si comincia?
«L’omologazione è recente e a breve arriverà la prima fornitura in Svizzera. Le raccomandazioni specificheranno a chi somministrarlo».

Un vaccino per pochi o per tutti, alla luce delle numerose varianti?
«La vaccinazione sarà rivolta alle fasce più a rischio: gli over 65, i malati cronici e il personale sanitario».

Gli altri possono stare tranquilli: niente vaccino?
«Visto come sono andate le cose negli ultimi due anni, è probabile che chi lo desidererà potrà accedervi. Detto questo, non ci attendiamo raccomandazioni forti su persone giovani e sane».

Basta quanto è già stato fatto?
«In Ticino abbiamo raggiunto un alto tasso di copertura tra vaccinati e persone che hanno avuto il Covid. Siamo appena poco al di sotto del 100%. È una situazione molto diversa da quella che si era presentata all’inizio. Nel 2020 non c’era niente e non si sapeva bene come intervenire».

Oggi, invece, si può addirittura dire a chi serve un altro vaccino e a chi no. È possibile che si decida di farlo pagare a coloro ai quali lo vorranno lo stesso?
«Il Canton Ticino, sul punto, si è sempre dimostrato contrario. L’unica forma di pagamento ha riguardato chi ha chiesto la quarta dose per motivi di viaggio. Ci sono Paesi che la pretendono. Coloro che restano in Svizzera, invece, potranno avere gratuitamente la dose autunnale, a partire dai 16 anni».

Qual è la policy per chi ne ha meno?
«Non ci attendiamo raccomandazioni per chi è sotto i 16 anni».

I genitori sono soddisfatti così? Non c’è chi ha paura e spinge per "tutelare" anche i figli più piccoli?
«Ci sono e abbiamo avuto un numero discreto di persone vaccinate anche sotto i 16 anni. Va ricordato però che un’ulteriore vaccinazione dev’essere proporzionale al beneficio. La vaccinazione di base copre adeguatamente l’infezione nei giovani. La preoccupazione principale, semmai, è il Long Covid. È questo il motivo principale che ha spinto i più giovani a vaccinarsi».

E gli effetti collaterali? Come si valuta il rapporto rischi benefici in un soggetto giovane?
«Abbiamo avuto effettivamente episodi di miocardite. Per i giovani non è mai una cosa buona. È un grosso problema, anche se rientra velocemente».

Altre conseguenze?
«Come tutti i medicinali, ci sono effetti collaterali, ma quelli gravi sono stati fortunatamente molto rari. Il rapporto rischi-benefici è favorevole al vaccino. La malattia può essere più grave».

I vaccini che abbiamo fatto ci hanno liberato dalla mascherina o, con l’autunno e la crescita dei contagi, è probabile che venga reintrodotta?
«Al momento, la mascherina è solo un aiuto sanitario da portare nei presidi medici. Man mano che ci avvicineremo all’inverno, a seconda di come si evolverà la situazione, non è escluso che si possano rivedere le regole riguardo agli spazi chiusi, prima attraverso qualche raccomandazione e poi magari con un obbligo».

Ha già qualche ipotesi?
«Se a novembre dovessimo essere alle prese con una nuova ondata, magari si riscontrerà l’opportunità di far indossare la mascherina nell’ambito del trasporto pubblico. Del resto, si tratta di misure che hanno dimostrato una certa efficacia e che non comportano alcun costo. Non limitano la libertà personale, non creano danni. Una buona opzione».

Chi deciderà e come?
«Sarà una decisione medica che verrà presa prioritariamente a livello nazionale. Se, per esempio, il primo obiettivo saranno i trasporti, è ovvio che servirà una decisione al di sopra dei singoli Cantoni».

Lei ha detto: "Non limita la libertà personale". Il pensiero va ovviamente ai temuti lockdown. Con le chiusure obbligate possiamo sperare di avere finito?
«Le mascherine, così come altre misure più lievi, servono proprio a evitare misure più importanti. Ogni decisione non viene presa per il semplice gusto di decidere qualcosa, ma per scongiurare di dover fare peggio. E fermare la società è la misura più dolorosa di tutte, per la quale paghiamo ancora le conseguenze: ma sono comunque meno drastiche di quelle che avremmo avuto se non avessimo bloccato tutto».

Con il senno di poi, c’erano alternative meno dolorose?
«Io sono convinto che non vi fosse alternativa. All’epoca era una misura necessaria. Ha evitato centinaia di morti. Se il Ticino ha registrato "solo" 300 decessi, e non sono comunque pochi, è stato proprio grazie al fatto che si è fermata la società. I contatti sono stati ridotti non "al minimo", ma "sotto" il minimo. La controprova non l’avremo mai, per fortuna. Ma se non fosse stato fatto quello che all’epoca si è deciso di fare, il Covid sarebbe circolato in modo più insistente, causando molti più morti e anche problemi indiretti, per esempio agli ospedali».

Qualcuno accusa ancora le autorità di essere state troppo severe, a discapito e non a favore delle persone. Come risponde?
«Non rispondo. Lascio dire a chi vuole ciò che vuole. Preferisco che la gente mi dica che fantastico, che le misure sono state esagerate, piuttosto che farmi dare ragione. Perché l’unico modo per convincerli sarebbe affrontare una nuova pandemia e comportarsi con più leggerezza. Dimostrare loro che hanno torto avrebbe un prezzo troppo alto».

Di ricoveri ci sarà ancora bisogno o con i vaccini sarà una malattia da trattare a casa?
«Le cifre sono molto solide e dimostrano che grazie al vaccino è stato possibile ridurre l’incidenza del Covid in modo drastico, i ricoveri e le morti. Ma parliamo di riduzione, non di eliminazione. I decorsi gravi sono sempre possibili, e anche in persone vaccinate».

Dunque, si chiederà qualcuno, a che è servito?
«Bisogna ragionare in termini di collettività e pensare che il vaccino riduce la portata dalla malattia. Ma non la elimina e non elimina il ruolo che continueranno ad avere gli ospedali. Per una serie di ragioni. La prima è che non possiamo sapere con certezza se il vaccino abbia sviluppato gli anticorpi e quanti. Non è così scontato: bisognerebbe valutare la risposta di ciascun sistema immunitario, che è diversa».

Al proposito, c’è stato anche qualcuno che ha parlato di una sorta di immunità "genetica". Persone a contatto diretto con malati di Covid che però non sono state contagiate, grazie al loro dna. Sciocchezze?
«La resistenza alle malattie è una questione individuale. Ciascuno può essere più o meno soggetto a determinate infezioni, la cosa non mi sorprende affatto. L’abbiamo riscontrato anche con il Covid: coppie che hanno avuto gli stessi contatti, dove il marito e i figli si sono ammalati e la moglie è risultata asintomatica».

Informazione di servizio. Centri vaccinali: quanti e quali saranno?
«Siamo pronti a riaprire i centri che tutti hanno conosciuto in passato. I posti resteranno gli stessi. Gli studi medici lavoreranno a supporto. Non ci sarà però più una campagna vaccinale lunga, ma circoscritta a poche settimane».

Nelle ultime settimane sono circolate altre due presunte minacce: vaiolo delle scimmie e zanzara del Nilo. Che cosa aspettarsi?
«Contro il vaiolo sarà utilizzato un vaccino, destinato a un gruppo particolare di persone, cioè gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini e cambiano spesso partner. Quanto alle zanzare, più diventano invasive, maggiori sono e saranno i rischi. Cento anni fa c’era la malaria. Nulla impedisce che possa tornare».

Dobbiamo preoccuparci?
«Direi di no. Forse dovremmo preoccuparci prima della siccità e del cambiamento climatico. Ogni cambiamento porta con sé rischi, così come benefici del resto. Solo che noi vediamo prima i rischi».

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