Carri armati italiani bloccati in Svizzera: perché non possono andare in Ucraina?

Matteo Casari

15/05/2023

15/05/2023 - 12:05

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La Confederazione è sotto la pressione degli alleati occidentali per il mancato invio di materiale bellico a Kiev. Cosa blocca i carro armati nel nostro Paese?

Carri armati italiani bloccati in Svizzera: perché non possono andare in Ucraina?

La Svizzera ha bloccato la vendita di carri armati italiani all’Ucraina, mentre il Paese invaso dalla Russia continua a chiedere supporto di nuovi armamenti all’Occidente. I mezzi corazzati in questione - 96 Leopard 1A5 - facevano parte dell’arsenale italiano durante la Guerra fredda, e non hanno mai lasciato i confini della Penisola.

La Svizzera non contribuisce abbastanza?

Il mancato invio di armi dalla Svizzera all’Ucraina torna al centro delle polemiche. Il conflitto tra Ucraina e Russia è ancora lontano da una conclusione, e Kiev sta provando a respingere l’invasione appoggiandosi sugli aiuti militari della NATO. Molti Paesi occidentali hanno inviato vari tipi di armamenti sul fronte per sostenere l’Ucraina a respingere l’invasione di Mosca.
La Svizzera è al contrario uno degli Stati che ancora non ha direttamente inviato materiale bellico all’esercito di Zelensky, anche se ha più volte contribuito tramite aiuti economici e umanitari, oltre che attraverso varie sanzioni contro i beni russi.

La neutralità non fa eccezioni

Tuttavia, questo approccio della Svizzera, soprattutto di recente, è stato oggetto di dure critiche da parte dei vicini Paesi europei e non solo, che accusano la Confederazione di non fare abbastanza in questo contesto. Due settimane fa, il nostro Paese è stato oggetto di critiche da parte dell’ambasciatore statunitense per la Svizzera Scott Miller, sostenendo che l’atteggiamento della Confederazione «avvantaggia l’aggressore, che viola tutti i principi del diritto internazionale».
La ragione principale alla base di tutto questo è da ritrovarsi nella neutralità svizzera. Le attuali leggi della Confederazione vietano infatti l’invio di armamenti svizzeri ad altri Paesi coinvolti in un conflitto. Nonostante le pressioni i altri stati, il governo federale ha sempre respinto ogni richiesta di modifica per la legge sulla neutralità.

I carri armati svizzeri rimasti in Italia

Come approfondito da Money.it, nuovo oggetto di controversie sono alcuni carri armati italiani oggi appartenenti alla Svizzera. Si tratta di 96 Leopard 1 del periodo della Guerra Fredda, modernizzati tra il 1993 e il 1996 nella serie Leopard 1A5. Con l’arrivo degli anni 2000 e il conseguente periodo del disarmo, il Governo Italiano ha cominciato ad accumulare armi e mezzi in un grande deposito a cielo aperto a Lenta, in provincia di Vercelli.
Nel 2015 poi, questi mezzi corazzati sono finiti sul mercato e acquistati dalla Ruag, che si era offerta di modernizzarli ed esportarli in America Latina, firmando un contratto con l’Italia dal valore di 4 milioni e mezzo di euro. La società pacifica elvetica ha poi lasciato i carri armati nei pressi di Gorizia (Friuli Venezia-Giulia) per restaurarli in breve tempo, ma falliti i negoziati con il Brasile, questi sono rimasti in Italia, dove si trovano ancora oggi.

Armi elvetiche in Ucraina?

L’Ucraina è in costante ricerca di aiuti bellici, dimostrandosi aperta ad accettare armamenti anche “vintage” o di seconda mano, pur di cercare di contrastare l’avanzata degli invasori. Visto il blocco legislativo che lega le mani alla Confederazione, l’azienda tedesca Rheinmetall si era offerta di acquistare i 96 Leopard 1A5 in Italia per inviarli a Kiev, ma anche in questo caso la Svizzera si è mostrata contraria a questo tentativo di aggirare la legge sulla neutralità.
Tuttavia, alcuni resoconti testimoniano la presenza di armamenti di fabbricazione svizzera sul fronte tra Russia e Ucraina. Secondo il quotidiano SonntagsZeitung, in Ucraina sono in funzione sistemi di difesa aerea prodotti in Italia, ma progettati da un’azienda che ha sede nel nostro Paese. Questi sarebbero costruiti oltreconfine proprio dalla Rheinmetall ma sarebbero stati sviluppati e testati nella Confederazione.

Confederazione sotto pressione

Le pressioni degli alleati occidentali non accennano però a fermarsi, e secondo quanto riportato dal quotidiano italiano Repubblica, Berna sarebbe vicina ad approvare due disegni di legge per rendere possibili le forniture militari a chi si avvale del "diritto dell’autodifesa”. Proprio sulla questione dei Leopard 1A5, durante il vertice Nato a Ramstein, sono state avanzate delle proposte al governo federale affinché restituisca i 96 carri armati all’Italia, in modo da rendere legittimo l’invio di questi armamenti sul fronte ucraino.
La neutralità del nostro Paese, durante questo periodo di conflitto e instabilità geopolitica, sta generando dissensi e incomprensioni più che mai, con i Paesi occidentali che cercano soluzioni per aggirare le leggi svizzeree sostenere il più possibile l’Ucraina. Si tratta di un’eccezione giusta oppure una delle ideologie simbolo del nostro paese sta vacillando?

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