Secondo il ministro dell’Economia ucraino Yulia Svyrydenko, la somma necessaria a ricostruire ciò che è stato raso al suolo nel Paese, si aggira intorno ai 564 miliardi di dollari.
E’ bastato poco più di un mese. Poco più di 30 giorni per provocare una quantità di danni, la cui stima potrà difficilmente considerarsi conclusa a breve, ma anzi dovrà continuamente essere sottoposta ad aggiornamento.
Devastazione totale
La guerra in Ucraina ha devastato l’intero paese. Residenze civili, ospedali, scuole, fabbriche, linee ferroviarie. E poi strade, impianti per la produzione di energia e ancora e ancora. L’entità economica della devastazione provocata dai bombardamenti russi assume una portata enorme. Secondo il ministro dell’Economia ucraino Yulia Svyrydenko, la la somma necessaria a ricostruire ciò che è stato reso inutilizzabile nel Paese, si aggira intorno ai 564 miliardi di dollari.
La conta dei danni
Come riporta il giornale Money.it, dal 24 febbraio scorso giorno in cui ha preso il via l’invasione da parte della Russia, sono stati distrutti circa 8.000 chilometri di strade e 10 milioni metri quadrati di abitazioni.
Nelle due più grandi città del Paese, Kiev e Kharkiv, sono stati rasi al suolo rispettivamente 300 e 1.200 edifici. In tutta l’Ucraina sarebbero stati colpiti finora oltre 70 ospedali, senza contare i danni a porti, aeroporti, ferrovie, industrie ed edifici pubblici come scuole, caserme e uffici.
Chi pagherà la ricostruzione?
Sono in molti ad interrogarsi su chi graverà principalmente il costo di ricostruzione del Paese, non appena il conflitto avrà termine. L’Unione europea si è già messa in moto, impegnandosi a fornire sostegno al governo ucraino per le sue necessità immediate.
A questo scopo, il Consiglio europeo intende sviluppare un fondo fiduciario di solidarietà per l’Ucraina a cui ha già chiesto di aderire ai propri partner. Una sorta di nuovo piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina una volta che la guerra sarà finita, a cui oltre all’Unione europea dovrebbero prendere parte anche gli Stati Uniti, la Svizzera, il Regno Unito e il Fondo mondiale internazionale.
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