Il Pil promette male, ma la colpa non è solo della Russia: anche la Cina ci ha messo del suo

Sara Bracchetti

13 Maggio 2022 - 10:50

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La politica di contenimento della pandemia potrebbe portare a nuovi problemi di approvvigionamento, chiusure e interruzioni dei processi produttivi.

Il Pil promette male, ma la colpa non è solo della Russia: anche la Cina ci ha messo del suo

Il ribasso è lieve ma costante e progressivo. Da febbraio a oggi, le previsioni di crescita del Pil subiscono continui aggiustamenti e in senso negativo, dettati dall’inizio e dal prosieguo di una guerra che genera pesanti conseguenze sull’economia mondiale, europea e, senza eccezioni, svizzera. Ecco dunque che il 3,1% di febbraio è diventato prima 2,3% e oggi scende fino a 2,1%: il calo, in tre mesi, è dunque di ben un punto percentuale, in contrasto con le aspettative che, fuori ormai dal Covid, parlavano di un picco di crescita.

L’attualità e i suoi imprevisti hanno però cambiato le carte in tavola in tutta fretta. Bak Economics ha registrato la modifica aggiornando al ribasso di un ulteriore 0,2%, per questo mese di maggio la sua previsione per la crescita del Pil svizzero nel 2022. Con il +2,1% attualmente previsto, l’aumento del prodotto interno lordo svizzero risulta comunque ancora importante, soprattutto in un confronto a lungo termine. Cina permettendo: le ragioni di un’economia in difficoltà, infatti, non stanno tutte e solo in territorio ucraino.

Non solo Ucraina: anche il Covid in Cina incide

La guerra in Ucraina costituisce uno dei principali fattori di rallentamento. A ciò si aggiungono inoltre le sempre più evidenti perturbazioni nell’economia industriale globale, innescate in particolare dalla strategia di contenimento della pandemia adottata dalla Cina.

I problemi di approvvigionamento continuano

Con nuovi blocchi, chiusure di impianti produttivi e congestione dei porti, la situazione nelle catene di approvvigionamento globale rimarrà quindi difficile anche nel secondo trimestre del 2022. A causa di una bassa percentuale di persone vaccinate tra la popolazione cinese e dell’alta trasmissibilità della variante Omicron, vi è anche un notevole rischio che il resto del 2022 sia caratterizzato da ricorrenti interruzioni dei processi produttivi.

Inflazione al 2,5%, ma dovrebbe scendere

Questi fattori non si riflettono però unicamente in un significativo rallentamento della ripresa. I tassi d’inflazione sono infatti spinti a livelli sempre più alti dall’ulteriore forte aumento dei prezzi delle materie prime e dalle persistenti carenze. Anche in Svizzera l’inflazione è aumentata in maniera importante, ma l’attuale tasso del 2,5% si situa ancora a un livello compatibile con la stabilità dei prezzi. Nella previsione di base, Bak Economics assume che nel quarto trimestre del 2022 l’inflazione annuale svizzera scenderà nuovamente sotto la soglia del 2% e che la stabilità dei prezzi prevarrà nuovamente nel 2023, anno in cui si prevede un tasso d’inflazione medio dello 0,9%.

In calo anche petrolio e gas, ma solo nel 2023

A tal fine, si suppone che gli impulsi inflazionistici causati in particolar modo dai prezzi dell’energia e del carburante non solo si indeboliranno, ma si svilupperanno nella direzione opposta. La combinazione di una minore pressione della domanda, di espansioni selettive della produzione e di una diminuzione dell’incertezza porterà a prezzi del petrolio e del gas complessivamente più bassi anche nel 2023.

Prezzi più stabili, salari permettendo

Questo punto di vista è supportato dall’eliminazione dell’influenza dei prezzi dell’energia e del carburante: escludendo l’energia, l’inflazione annuale svizzera pari all’1,2% è infatti ancora chiaramente ad un livello che garantisce la stabilità dei prezzi. Non essendoci finora segni di una spirale prezzi-salari nei dati svizzeri, Bak Economics si attende un aumento dei prezzi tra l’1 e l’1,5% per i prossimi mesi e fino alla fine del 2023, escluso il settore energetico. L’atteso allentamento sul fronte dell’inflazione sarebbe messo in pericolo soprattutto se gli accordi salariali per il 2023 dovessero portare a un eccessivo aumento dei costi.

Bns "relativamente tranquilla"

La Banca Nazionale Svizzera è in una posizione relativamente tranquilla quando si tratta di combattere l’inflazione. La politica monetaria in Svizzera è ancora fortemente orientata verso i rischi deflazionistici di un franco troppo forte. Allo stesso tempo ciò significa che la Bns ha a disposizione uno strumento molto efficace per contrastare un’inflazione in forte aumento, influenzando il tasso di cambio. Bak Economics ipotizza che la Bns aumenti il tasso di riferimento in due fasi a -0,25% entro la fine del 2022, seguito da due ulteriori fasi di 0,25% nel 2023.

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