La guerra minaccia Becks e Carlsberg? Pace. E beviamoci su (una birra svizzera)

Sara Bracchetti

29 Settembre 2022 - 15:02

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Inchiesta sulla produzione di birra tagliata a causa dei prezzi dell’energia: Svizzera e Canton Ticino, grazie ai microbirrifici che non usano acido carbonico, sono salvi. Saremo noi a rifornire la Germania in difficoltà?

La guerra minaccia Becks e Carlsberg? Pace. E beviamoci su (una birra svizzera)

Una serata con gli amici, pizza e birra per gradire? D’ora innanzi, potrebbe diventare necessario ripiegare su un bicchiere di vino, con buona pace di chi lo considera un errore di abbinamento clamoroso. O un bel boccale al bancone del pub, circondati dal chiacchiericcio festoso, o in pace sul divano davanti alla partita, circondati dalla solitudine e la voce in sottofondo del cronista? Meglio darsi a qualcosa di più forte, perché neanche l’aranciata, la Coca Cola o l’acqua minerale potrebbe andare bene più. Scene – e bevande, alcoliche o meno - che rischiano di scomparire dall’immaginario collettivo: indovinate un po’ di chi è la colpa.

In Italia Menabrea ha già chiuso

Esatto, della guerra; della crisi energetica che, fra le altre cose, sta limitando la produzione di acido carbonico: indispensabile per la grande distribuzione di birra e bevande gassate. In Italia, qualche stabilimento ha già chiuso; dopo Sanpellegrino, che ha messo in ferie i dipendenti, qualche giorno fa è toccata a Menabrea, che ha chiuso temporaneamente gli stabilimenti di Biella. Per gli altri marchi è solo questione di tempo, perché il problema è generale e collettivo, inaggirabile: la carenza di biossido di carbonio, o anidride carbonica necessaria a “creare” le bollicine nei liquidi, ha già messo in preallerta nomi come Carlsberg, Delirium Tremens in Belgio e un po’ tutta la celeberrima filiera tedesca.

La Germania produce sempre meno

Complice primo il gas, usato per la produzione di acido carbonico, i prezzi dell’energia e le difficoltà di approvvigionamento che si trascinano da mesi ancora a causa del Covid: le principali aziende chimiche, per l’uno e per gli altri motivi, hanno tagliato attività e furniture, lasciando nei guai le aziende alimentari. Con conseguenze prevedibili: in Germania, per esempio, la produzione è già stata ridimensionata al ribasso, spiega Tobias Bielenstein, portavoce della cooperativa tedesca Fountain. «Se questa situazione continuerà, arriveremo al cultime. Siamo estremamente preoccupati. Una cosa del genere non si era mai vista prima d’ora».

Neanche il 40% di quel che serve

In ansia palese anche Holger Eichele, amministratore delegato dell’associazione tedesca dei birrai. Secondo le stime, attualmente neanche il 40% della CO2 necessaria risulta disponibile e il fallimento è uno spettro sempre più incombente per molte aziende. Molte sono già ferme, ha dichiarato Eichele al Financial Times, mentre secondo Bloomberg il produttore di Delirium Tremens, in Belgio, starebbe valutando una sospensione: la prima in cento anni di attività. Calsberg, in Polonia, lo va dicendo addirittura da agosto: non ce la si fa più.

La rivincita dei piccoli

Specie quando i quantitativi sono importanti: perché questa è la rivincita dei piccoli, che continuano a passarsela decorosamente. I grandi birrifici, che si servono dell’acido carbonico anche per "pre-tensionare" serbatoi, bottiglie e fusti ed evitare che il contenuto venga deteriorato dal contatto con l’aria, hanno bisogno di comprare da terzi, mentre i produttori artigianali riescono ancora a farsi bastare le bollicine che derivano da un naturale processo di fermentazione.

Le difficoltà dei produttori ticinesi

Dunque, può tirare un sospiro di sollievo il Canton Ticino, ricchissimo di ottimi micro-birrifici. Spiega infatti Piero Mannino, del birrificio San Martino a Bioggio, che «la CO2 viene prodotta naturalmente durante il processo di fermentazione e non accade quasi mai un ulteriore arricchimento carbonico durante il ciclo produttivo, salvo problemi di produzione che nessuno spera mai di avere». Anche se poi, come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica: anche qui ci sono problemi e sempre più grossi: «Noi siamo confrontati giornalmente con aumenti di ogni tipo: dal vetro per le bottiglie al cartone per gli imballaggi e ogni sorta di ritardi di consegna per parti meccaniche, per i quali si va sempre a scomodare l’ultimo problema globale, prima il Covid poi la guerra».

Carbagas: «Situazione tesa ma stabile»

L’acido carbonico, però, non è nel novero delle difficoltà da affrontare, almeno per ora: la Svizzera, a questo proposito, è un’oasi felice, dove la birra si produce – e beve – ancora come una volta. «Finora non ho ricevuto alcuna informazione da parte dei membri che suggerisca l’esistenza di colli di bottiglia in Svizzera per quanto riguarda la CO2 – conferma Marcel Kreber, direttore dell’associazione svizzera delle birrerie – All’inizio di agosto Carbagas, principale produttore in Svizzera, ci ha informato che tutti gli ordini potevano essere evasi». E anche adesso Andreas Voss, responsabile della comunicazione aziendale, ribadisce che «non posso parlare per l’intera Svizzera, ma per quanto riguarda i clienti di Carbagas l’attuale situazione della fornitura è tesa ma stabile».

Le preoccupazioni del governo federale

Certo, conclude Kreber, i prezzi dell’energia e la riduzione conseguente della produzione di acido fa sentire in qualche modo i suoi effetti, tanto che anche il governo federale si è trovato ultimamente a discuterne, segnalando con identiche parole, in un documento dedicato all’approvvigionamento di materie prime, che «la situazione è tesa, in varia misura a seconda dell’azienda e del prodotto. C’è molto nervosismo per quanto riguarda la disponibilità di elio, CO2 e idrogeno», cui si sono aggiunti di recente «idrossido di sodio, acido cloridrico e ipoclorito di sodio. Le consegne di elio, CO2, idrossido di sodio, acido cloridrico e ipoclorito di sodio hanno la priorità, in modo che chi utilizza queste sostanze chimiche per fabbricare prodotti importanti o fornire servizi essenziali possa continuare le attività».

A rischio chiusura i pub inglesi

Attività che non si limitano a quelle legate alle bevande : l’intera industria alimentare è in allarme, dal momento che l’acido carbonico viene impiegato anche per abbattere le temperature degli alimenti destinati alla conservazione in freezer, ma anche nei processi di concimazione di verdure quali lattuga, pomodori e cetrioli. Pazienza però, a questo punto: di surgelati si può fare a meno e il concime naturale può essere un’alternativa. La birra, invece, pare proprio destinata a essere una vittima eccellente di questa guerra che non finisce. Non solo perché ce ne sarà sempre meno e mai abbastanza: a causa delle bollette dell’elettricità sempre più elevate, anche i pub rischiano di scomparire. Per sempre.

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